Cronaca locale

Il Colosseo riapre e si fa in cinque

Nuova veste per lo storico cinema di viale Montenero: grandi poltrone e sistemi elettronici all’avanguardia

Ferruccio Gattuso

Rifatto da cima a fondo, profumato di nuovo e soprattutto centrale: il cinema Colosseo, storica sala milanese di piazza Cinque Giornate, si fa multisala e passa da 3 a 5 schermi. Il numero dei posti diminuisce, da 1050 a 900, ma questi si fanno molto più comodi e a tal punto ergonomici da offrire nelle tanto bistrattate prime file addirittura la modalità chaise long: sotto lo schermo ci si potrà sdraiare come in spiaggia, con l'unico rischio del coccolone in caso di film noioso.
Provare per credere: da oggi il Colosseo apre i battenti, nella nuova veste, a coloro che vorranno scegliere tra La tigre e la neve di Roberto Benigni, Good Night, Good Luck di George Clooney, Niente da nascondere di Michael Haneke e Texas di Fausto Paradivino. I conti non sono sbagliati, una sala non resterà a riposo: semplicemente, l'atteso film di Benigni viene proiettato in due sale, essendo il fiore all'occhiello col quale il nuovo multisala si ripresenta sulla piazza meneghina.
I nomi delle cinque sale sono sì un vezzo, ma anche una dichiarazione di intenti: Sala Venezia (360 posti), Sala Cannes (150 posti), Sala Berlino (170 posti), Sala Sundance (160 posti) e Sala Locarno (60 posti) significano innanzitutto la volontà di proporre film di qualità.
Scopo numero uno, va da sé, sfidare l'emorragia di pubblico dal centro alla periferia. Dopo la prima ristrutturazione avvenuta nel 1988, quando passò a tre sale, il Colosseo apre una nuova stagione della propria lunga vita: proiettori analogici d'avanguardia (per quelli digitali lo spazio c'è, ma al momento non è una priorità), audio dolby digital, surround EX e DTS, sale a gradinata con strutture handicap, insomma c'è tutto per rendere il Colosseo un salotto cinematografico nel cuore di Milano.
A margine della presentazione David Quilleri - padre del progetto e vecchia volpe del settore, con 31 schermi in attività - ne approfitta per togliersi qualche sassolino dalla scarpa: il cinema nelle sale se la passa male, questa la ragione dello sfogo. «Si parla dello sciopero contro questa Finanziaria - spiega Quilleri - ma nella mia memoria ci sono tante altre Finanziarie drastiche verso la cultura. Il vero problema italiano non sono i finanziamenti, ma la mancanza di una politica. E non bisogna imputare tutto a questo governo».
Quali le ferite del settore? «Manca attenzione per il cinema in sala, la gestione dei cinema non appartiene più in gran numero, a competenti addetti ai lavori, ma a fondazioni e banche che non percepiscono le vere esigenze del settore.

E poi: noi esercenti non possiamo programmare le proiezioni, perché il mercato non è libero, non ci permette di acquistare i titoli che vogliamo, essendo condizionati da un'abitudine ormai solo italiana e anzi quasi solo milanese, quella che vede i distributori escludere lo stesso titolo per sale geograficamente vicine».

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