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Colpo ad Al Qaida in Irak: ucciso l’erede di Zarqawi

Abu Jaafar Al Liby abbattuto a Bagdad In tasca aveva una lettera per Bin Laden

Gian Micalessin

In tasca aveva due lettere. Una per Osama Bin Laden e una per Abu Ayyoub al-Masri, il misterioso leader della cellula irachena di Al Qaida succeduto al defunto Abu Musab al Zarqawi. In entrambe quelle lettere Abu Jaafar al-Liby prometteva devozione ai suoi capi e preannunciava nuovi attacchi. Sperava di farcela. Sperava di rompere il cerchio strettogli intorno dall’intelligence americana e dalle forze governative. Il numero due di Al Qaida in Irak, un misterioso libico responsabile di gran parte delle autobomba e degli attacchi terroristici messi a segno all’interno di Bagdad non ha però nemmeno fatto in tempo a consegnare le missive agli emissari incaricati di farle arrivare a destinazione. Le forze di sicurezza l’hanno intercettato tre giorni fa in una zona del centro di Bagdad uccidendolo assieme tre suoi complici e arrestando almeno altrettanti militanti fondamentalisti. Così almeno annunciava ieri il portavoce del ministero dell’interno Abdul Karim Khalaf.
Ma come spesso capita negli ultimi tempi in Irak non è molto chiaro se l’operazione sia stata messo a segno dalle forze governative, da una squadra congiunta o esclusivamente dagli americani. Mentre il portavoce del ministro dell’interno annunciava quel recente successo il suo omologo americano generale William B. Caldwell comunicava l’arresto di un altro importante esponente di Al Qaida in Irak. Secondo il generale americano il sospetto, arrestato martedì scorso e definito un collaboratore molto vicino ad Al Masri, sarebbe il capo della squadra responsabile di rapimenti, assassini e attentati nella capitale. «È conosciuto per aver partecipato direttamente a numerosi atti di terrore, inclusi rapimenti ed esecuzioni ed altre azioni che contribuiscono al clima di settaria violenza diffuso in città». Parole che non chiariscono se il personaggio arrestato sia lo stesso Abu Jaafar al Liby dato per morto dal ministero degli interni iracheno o un altro esponente di punta dell’organizzazione terroristica.
Il clima nonostante i numerosi arresti e le continue eliminazioni di esponenti del terrore fondamentalista è ben lontano dal rasserenarsi. Anche ieri è continuata l’atroce, quotidiana conta dei cadaveri vittima delle esecuzioni sommarie messe a segno dai gruppi radicali sunniti e da quelli sciiti. All’obitorio di Bagdad sono arrivati altri 32 corpi con le mani legate dietro ai fianchi, gli occhi bendati e la nuca trapassata da un colpo di kalashnikov. Dopo i 62 cadaveri ritrovati mercoledì il bilancio delle vittime della guerra civile supera dunque quota cento in meno di 48 ore. A questo punto pochi ritengono possibile una riconciliazione. «Se questi atti di barbarie non si fermano il piano di riconciliazione nazionale rischia di andare a rotoli», ha detto Adnan Dulani capo del Fronte dell’accordo iracheno, la più importante formazione sunnita all’interno del Parlamento.
Alla mattanza settaria si aggiunge quella consueta, attribuita al terrorismo e agli scontri tra insorti e forze di sicurezza. A Baquba una serie di attacchi ha lasciato sul terreno almeno sette morti. A Diwaniyah - la città dove un assalto dei miliziani sciiti dell’Esercito del Mahdi alle forze di sicurezza ha causato un mese fa oltre ottanta vittime - si sono contati ieri un morto e 17 feriti. Altri sei uomini sono stati uccisi in attentati e scontri nel resto del Paese.

Le truppe americane registrano invece la morte di almeno due soldati.

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