Fra Thérèse e Robert è nato tutto per caso, senza rimpianti. Un amore alla giornata, come la vita, a un certo punto. Thérèse e Robert sono ospiti di una casa di riposo alla periferia di Parigi, hanno superato da anni l’età delle passioni, dei colpi di fulmine, delle paroline sussurrate all’orecchio. E invece no, fra le mura delle Bégonias, fra la mensa, i farmaci a orari stabiliti, l’odore di disinfettante, la televisione sempre accesa e le lezioni collettive di canto, Thérèse e Robert si sono innamorati. A 80 anni. Coi capelli grigi e sottili, le gambe tremolanti, le rughe. La pelle che sarà raggrinzita, ma quella di Thérèse a Robert sembra liscissima. Possono concedersi una notte di sesso, di nascosto dagli altri ricoverati delle Bégonias e dalle infermiere; possono pure dirsi «ti amo», alla fine, e dormire abbracciati. Immaginare, e vedere i propri sogni realizzati. Ma tutto con la leggerezza di anni pesanti, che non si prendono più troppo sul serio.
A una certa età, qualcuno sostiene che certe cose siano da dimenticare, come il sesso, o le farfalle nello stomaco. Peter Pan tutti, uomini e donne, quelli che non vogliono rassegnarsi. Thérèse e Robert, però, non ci hanno rimuginato. Gli altri ospiti delle Bégonias sono un po’ invidiosi del loro legame. Sono anziani che abitano in un ospizio, come tanti nonni e parenti lontani. Camille De Peretti, scrittrice parigina, li ha voluti ritrarre come li ha conosciuti e incontrati, e ne è nato un romanzo, Nous vieillirons ensemble, cioè «Invecchieremo insieme», che in Italia è stato appena pubblicato col titolo Prima che venga la notte (Frassinelli). Una domenica alle Bégonias, dal mattino alla sera: le visite dei parenti attesissimi (a volte invano), i battibecchi e le gelosie fra le anziane signore, l’irresistibile Nini che ha un legame speciale col Capitano Dreyfus e la «baronessa», sempre bellissima agli occhi del marito, anche se la sua testa ormai non è più nella realtà.
De Peretti, che ha solo 28 anni, entra in un mondo che all’apparenza è solo tran tran quotidiano ma, ormai, è diventato un nuovo palcoscenico. Anziani e amore, un vecchio tabù infranto dalla demografia. In Occidente è normale arrivare a età prima considerate un’eccezione, un italiano su cinque appartiene, per la statistica, alla categoria «anziano». Così gli anziani finiscono nei romanzi, al cinema, nelle canzoni, non con la loro saggezza, ma con la loro vitalità: che è, anche, passione, fisica e spirituale.
Iva Zanicchi l’ha cantato al Festival di Sanremo e ha scandalizzato: «Ti voglio senza amore, perché una volta tanto io voglio pensare a me». Tutti sorpresi: ma come? Parla proprio di quello? Già. Non c’è equivoco. J-Ax, metà degli Articolo 31, l’ha messo in rap, un po’ più ironico, con I vecchietti fanno oh: futuro di una generazione che arriverà alla pensione e «la mutua passerà i tatuaggi e i piercing» e si potrà «invecchiare senza maturità». Ma non è uno scherzo: se i francesi chiamano la felicità bonheur, l’ora buona può anche essere tardi, un po’ come per certi che soffrono d’insonnia, o di pressione bassa. Il calore del cuore impedisce al corpo di invecchiare, si intitola un saggio di Marie De Hennezel (Rizzoli): il segreto della terza età è l’affetto, l’amore, anche quello esclusivo dell’amante.
Giovanni Sartori ha appena confessato di essersi fidanzato, a 85 anni: la politologia non c’entra, la donna che l’ha conquistato è una fotografa e pittrice, più giovane di lui. Tutto può succedere, anche nella realtà, come nel film omonimo: Jack Nicholson, playboy nonostante l’età, continua imperterrito a collezionare fidanzate giovani; la sua ultima conquista, però, ha una madre ancora più interessante, Diane Keaton. E alla fine è la signora, sua coetanea, a rubargli davvero il cuore. Ci si può innamorare davvero, e anche perdere la testa. Wolke 9, regia di Andreas Dresen, è la «nuvola nove», cioè il settimo cielo, che Inge e Karl scoprono all’improvviso. Neppure le convenzioni sociali e l’abitudine frenano la loro passione: lei vive da trent’anni con Werner, eppure non resiste al colpo di fulmine per il settantaseienne Karl.
Il tempo che avanza non significa più, soltanto, quell’amore pieno del rimpianto della morte che, anche per una scrittrice come Colette, rendeva Léa malinconica e mai spensierata, anche se aveva un amante giovane e bello come Chéri. L’autunno delle signore non è più quello di Colette. O almeno non sempre, dice Doris Lessing. Le sue donne non smettono di vivere guardando una data sulla carta d’identità: Sarah, produttrice teatrale sessantacinquenne, in Amare, ancora si invaghisce di due uomini più giovani di lei. E Lil e Roz, protagoniste di uno dei suoi ultimi libri, Le nonne, amiche da una vita, rimaste vedove intrecciano due relazioni parallele, una col figlio dell’altra. La scrittrice inglese sostiene che la storia sia vera e che gliel’abbia raccontata un ragazzo, geloso dei due giovani.
Non c’è solo la nuvola nove. C’è il dolore, c’è l’illusione. Marina Lewycka nella sua Breve storia dei trattori in lingua ucraina (Mondadori) dipinge l’innamoramento senile di un ottantaquattrenne ucraino emigrato in Inghilterra e ormai vedovo, che decide di sposare una connazionale di 36 anni. Lei, però, è interessata solo al passaporto britannico. La delusione è dura da incassare. La vecchiaia non è sempre una bonheur ma la svolta può arrivare, anche se sei un ultrasettantenne inacidito dalla vita, dalla solitudine, da un ictus che ti ha immobilizzato. Succede a Tommaso Perez, ex fisico nucleare brillante diventato uno scorbutico annoiato e protagonista di Che cosa ti aspetti da me? di Lorenzo Licalzi (BUR). Perez vive in una casa di riposo, come i signori delle Bégonias. La sua condanna è una crepa sul soffitto da fissare ogni secondo, ogni minuto, ogni giorno. Poi però arriva Elena, che è il destino, la speranza, la felicità. L’ora buona, alla fine.
Anche se a volte arriva troppo tardi davvero. Come quella di Renée, la portinaia di L’eleganza del riccio di Muriel Barbery (e/o), che solo da vedova conosce la sua anima gemella, il ricco e coltissimo monsieur Ozu: è lui, il nuovo inquilino giapponese del palazzo, a intuire che in quella guardiola c’è qualcosa che nessuno aveva mai sospettato. Per Renée e monsieur Ozu la felicità dura un attimo: il destino l’accartoccia, subito, quasi indispettito. Il riccio è delicato, come certi amori e certi amanti.
A Thérèse, per esempio, Robert ricorda un colibrì. Tutto è fragile, a un certo punto: il corpo, la mente, il tempo. Eppure Thérèse, innamorata che non guarda al futuro, sorride: «Vecchio donnaiolo», dice a lui. Che importa che abbia ottant’anni.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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