«Comicanti», il cabaret torna canzone

RADICI Da Rascel a Fo, da Gaber a Cochi e Renato, un viaggio nella satira demenziale

Il sapore della nebbia, la voglia di ridere e sorridere ai piedi di un palcoscenico. E, tra le altre cose, pensare. E poi, la musica. Perché non è vero che la musica «fa perdere ascolti». Magari sì, dentro alla scatola dalla luce azzurrina, quella che negli ultimi anni ha cambiato il volto del cabaret e lo ha reso l'arte dei due minuti e via. Ma il cabaret non è solo tv. Anzi, cominciò tanti anni prima. E Milano - soprattutto del cabaret cantato - ne era la capitale indiscussa. «Accadeva che la gente uscisse di casa, che si confrontasse e contaminasse. Fino alla fine dei ’70 è stato così, poi con gli ’80 è scattata l'omologazione, la battuta tormentone e la storia della musica che non funziona in tv»: la diagnosi è di Alberto Patrucco, storico cabarettista brianzolo, tra i protagonisti di «Comicanti», progetto discografico che intende riaccendere i riflettori sulla comicità cantata e sul cabaret che fu e che potrebbe ancora tornare ad essere. Volti storici - da Patrucco a Flavio Oreglio, da Nanni Svampa a Raul Cremona, da Enrico Bertolino a Giobbe Covatta e Lella Costa - si danno infatti appuntamento su un disco di duetti con protagonista lo chansonnier Giangilberto Monti, e su un palcoscenico, lunedì 2 novembre al Teatro Franco Parenti (ore 21, ingresso 10 euro). Disco e evento teatrale vogliono essere un viaggio alle radici della comicità musicale italiana: «È anche un modo - prosegue Patrucco, che dal 6 all'8 novembre sarà anche protagonista del suo show, omaggio al poeta e cantore George Brassens, "Chi non la pensa come noi" al Teatro Derby - per raccontare quella particolare forma di spettacolo che, seppur non necessariamente milanese, fiorì qui a Milano, e che si differenziava dal varietà alla romana». Al Franco Parenti rivivrà un po' tutta la canzone comica e satirica nazionale, dalle ballate surreali di Renato Rascel («È arrivata la bufera»), a quella politiche di Dario Fo, ai veri e propri quadri noir di Fred Buscaglione. Con Giangilberto Monti e Giovanni Storti di Aldo, Giovanni e Giacomo, Alberto Patrucco interpreterà la canzone antimilitarista «Non spingete scappiamo anche noi», resa celebre dagli immortali Gufi: «C’è qualcosa di speciale nel mio rapporto con la storia dei Gufi - rivela Patrucco -. Il mio esordio fu nel 1976 con Gianni Magni dei Gufi come padrino. Oggi Monti mi ha cercato proponendomi proprio questo brano. Questa, come altre canzoni del disco e dello spettacolo sono di un attualità infallibile. Ascoltando quei testi si possono riscoprire manie e difetti sempre verdi del nostro paese». L'utilizzo del testo caustico e ironico supportato dalla musica è anche il segno distintivo dello spettacolo dedicato a Brassens, che Patrucco porterà al Derby a novembre: «Ho preso alcuni brani di Brassens, li ho tradotti in italiano, rivisitandoli in chiave meno minimalista dal punto di vista musicale - spiega Patrucco - Brassens utilizzava chitarra e contrabbasso, io ci aggiungo una band al completo». Milano, dunque, sembra riaprirsi al cabaret storico: in questa stagione, infatti, Teatro Ciak (con Bertolino, Cremona, Covatta, Albanese) e Teatro Derby (con Migone, Patrucco, Cacioppo, Chiodaroli e altri) offrono risate per tutti i gusti.

«È un'occasione da non perdere- conclude Alberto Patrucco - Milano ha ormai perso, forse anche per motivi storici, quella miriade di locali dove si faceva cabaret. Resta il teatro, dove comunque l'emozione passa, il rapporto col pubblico è diretto. Il teatro bisogna tenerselo stretto».

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