La commedia greca parla «zeneize» se a tradurla è Ludovica Radif

(...) per Sociologia del linguaggio e Pragmatica, che ha saputo fondere con intelligenza la passione verso il teatro e l'amore per la filosofia antica e le lettere classiche. «Ho sempre avuto l'idea che i classici debbano essere vissuti e rivisti in chiave moderna. Alcune commedie classiche, soprattutto Aristofane, pur tradotte in maniera ineccepibile, non fanno ridere: è un peccato perché si tratta di testi davvero validi e molto divertenti. Le battute ci sono e la lingua italiana è una lingua sufficientemente ricca da poter rendere giochi di parole e termini datati in un contesto attuale. Mi sono messa allora io stessa a tradurre i testi antichi: la traduzione è un esercizio molto affascinante strettamente connesso alla linguistica ed è una sorta di viaggio ludico che non ha mai fine. Per riscoprire i personaggi antichi bisogna che parlino come parlerebbero oggi, non ha significato che utilizzino termini ormai del tutto abbandonati».
Dalla traduzione di Aristofane, indiscutibilmente il suo favorito, nel 2004 Ludovica Radif propone il suo primo libro di ambito teatrale, il Soldo Bifronte, messo in scena a Pisa. Ben più complessa la nascita del «Carnevale degli dei» composto da due diversi testi, frutto di un approccio originale adottato dall'autrice: «il primo atto nasce dall'Anfitrione di Plauto, un testo che continua a essere molto studiato e apprezzato in tutto il mondo. Io ho voluto inserirmi con un testo che potesse avere molte voci e che fosse senza capo ne coda, nel senso che nel mio progetto non volevo che il mio libro avesse le pagine secondo una successione ordinata, ma fosse piuttosto composto da pagine slegate l'una dall'alta. Volevo rendere il più possibile l'idea legata alla commedia di Anfitrione, quali i temi fondamentali del doppio, il problema della perdita d'identità, il concetto del sosia e di essere persone diverse in momenti diversi: ho voluto portare alle estreme conseguenze questi concetti, creando un testo teatrale che potesse mettere di fronte a situazioni sempre nuove il lettore. È nato quindi nel 2008 Cappotto a Giove, un libro a schede mescolabili, vere e proprie carte, attraverso le quali il lettore, mescolando numeri e testi, diventa a sua volta autore e crea storie di volta in volta sempre nuove. Questo è quanto è successo con gli studenti del laboratorio tenuto da me e dal professore Roberto Trovato: i ragazzi avevano degli spunti dai cui dovevano elaborare delle commedie e da questa iniziativa si è arrivati alla mia più recente pubblicazione, “Giovedì a casa di Alcmena”, che raccoglie anche una trentina di lavori proposti dagli studenti. Quando poi Francesca Mevilli, del teatro Rina e Gilberto Govi, mi ha proposto un adattamento del “Cappotto a Giove”, la vicenda della moderna Alcmena genovese è stata la base sulla quale scrivere il primo atto».


Giove dovrà quindi affrontare un corso di zeneise prima di poter ingannare la bella moglie di Anfitrione. E ancora, dovrà capire che a Genova, come gli suggerisce una portinaia dall'indiscutibile cocina genovese, esiste la barra: la sua bella infatti abita al 3/5, non al 315.

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