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Il commento Le aperture di Roma gli sgarbi di Teheran

Strano ma vero: l'Italia, per una volta, deve essere riconoscente al presidente iraniano Ahmadinejad. Con la sua pretesa di ricevere Franco Frattini non a Teheran, ma a Semnan, una località del nord da cui il suo Paese ha appena lanciato un nuovo missile con una gittata di 2.000 km, ha indotto il nostro ministro degli Esteri a cancellare alla ventitreesima ora una visita che, nata con le migliori intenzioni, minacciava di creare imbarazzi e incomprensioni con i nostri alleati e perfino qualche risentimento da parte dei rivali moderati di Ahmadinejad nelle ormai prossime elezioni presidenziali.
L’idea di una missione era stata concepita tre mesi fa, con il fine ultimo di far partecipare l'Iran a una conferenza G8 sull'Afghanistan in programma a Trieste il 25-27 giugno: obbiettivo - per usare le parole della Farnesina - «approfondire la possibilità e le modalità di coinvolgimento dell'Iran per la stabilizzazione di Afghanistan e Pakistan». Il progetto era in linea con la nuova politica di Obama, che ha «aperto» a Teheran proprio partendo dal presupposto che gli ayatollah sciiti hanno lo stesso interesse dell'Occidente a contenere l'avanzata dei Talebani, seguaci della più fanatica linea sunnita. Ciò nondimeno, essa ha suscitato una certa irritazione nelle cancellerie alleate, sia perché rompeva con la prassi della Ue di affidare i rapporti con Teheran al solo Javier Solana, alto rappresentante per la politica estera, sia perché a qualcuno è apparso come una forzatura dell'Italia, primo partner commerciale dell'Iran, per inserirsi in qualche modo nella trattativa, sia perché rischiava di aiutare Ahmadinejad nella corsa alla presidenza. Come è ovvio, il viaggio non piaceva neppure ad Israele, oggi più che mai ossessionato dalla minaccia di un Iran votato alla sua distruzione che - nonostante le smentite ufficiali - sta procedendo a dotarsi di un'arma nucleare. Ancora alla vigilia della partenza di Frattini, sono arrivati a Roma da varie parti segnali di scarso gradimento.
Con sollievo generale, è stato lo stesso Ahmadinejad a toglierci le castagne dal fuoco. A poche ore dall'arrivo del nostro ministro, ha annunciato trionfalmente alla tv che l'Iran ha lanciato un missile Sejil-2, capace di colpire sia Israele sia le basi americane nel Golfo (e sicuramente in grado di trasportare l'ordigno nucleare che il Paese potrebbe produrre in 1-3 anni), e che questo ha centrato il bersaglio. Secondo l'Istituto di Studi strategici di Londra, il lancio aveva il duplice scopo di rafforzare presso l'elettorato iraniano la candidatura del presidente al secondo mandato, sia di rispondere a Obama che, dopo il suo incontro di lunedì con il premier israeliano Netanyahu, aveva fatto sapere che il tentativo di risolvere amichevolmente la disputa sull'atomica iraniana deve concludersi entro l'anno. Convocando Frattini proprio nella località da cui è avvenuto il lancio, Ahmadinejad intendeva evidentemente sottolineare la portata dell'evento.
Non ci sono molti precedenti, nella diplomazia italiana, di un ministro degli Esteri che cancella una missione quando i motori del suo reattore sono già accesi, ma le motivazioni addotte sono più che valide e, riaffermando la bontà delle nostre intenzioni, rafforzano anche la nostra posizione di fronte agli alleati.

Andare a Semnan avrebbe dato - simbolicamente - un avallo al programma di riarmo iraniano, rinunciare al viaggio in questa maniera clamorosa è un segnale che sia Washington, sia Gerusalemme, sia Bruxelles non mancheranno di apprezzare.

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