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Il commento È come Baresi che accettò la B

«Ci sono cose che non si possono comprare. Per tutto il resto c’è...». È lo slogan della campagna pubblicitaria di una nota carta di credito che vediamo spesso in tv. Proviamo a sostituire la carta di credito con i petrodollari dello sceicco Al Mansour e lo slogan calza perfetto anche sulla favola a lieto fine di Kakà. Per il cuore dei tifosi rossoneri o per la bandiera del Milan, i trilioni di triliardi del Paperone di Abu Dhabi non sono bastati. «I soldi non sono tutto: ho scelto con il cuore», ha detto Ricardo Izecson de Leite, rifiutando di sedersi al tavolo dove lo avrebbero ricoperto d’oro. È una lezione di sobrietà per tutto il movimento calcistico non solo europeo, consegnato allo strapotere del denaro, sì o no? Un mondo in cui dominano i mercenari...
Tutti d’accordo: pressato dall’emiro, spinto dalla dirigenza milanista che, obiettivamente, non poteva respingere un’offerta come quella, incoraggiato dal padre, Kakà era già con le valigie pronte per Manchester, la città dove Mark Twain voleva trasferiris per ammortizzare il passaggio dalla vita alla morte. E infatti, il purosangue era triste. A quel punto, su calcoli e clausole e bilanci, ha fatto irruzione il fattore umano - a proposito di cose che non si possono comprare - e il tavolo ha cominciato a traballare. Come restare indifferenti ai cori della curva, alla passione che ha acceso gli slogan («Kakà è come la Madonnina del Duomo di Milano: senza, non è più il Duomo»; «Kakà, invecchia con noi», per citarne due) ai sit-in dei tifosi, irriducibili sotto la pioggia?
Scavalcando con il suo niet i piani di padri-procuratori, manager, emiri e emissari, Kakà ha fatto vincere tutti. Il buon senso, in primis. E il Milan subito dopo, che così conserva il fascino dell’inespugnabilità e soprattutto si tiene lui, un calciatore discendente di Pelè, Cruijff e Van Basten che, quando fa gol, invece di mostrare tatuaggi e fare strani balletti, indica il cielo.
La sua scelta ricorda quella di Franco Baresi, altra bandiera, quando accettò di giocare in serie B rifiutando mega-offerte di super squadre, senza chiedere adeguamenti di stipendi. Resta da chiedersi che cosa sarebbe successo se sull’assegno intestato a Bosco Leite e all’A.C. Milan ci fosse stata la firma del presidente del Real Madrid o del Barcellona. Ma per favore, una nuttata alla volta.

Da tifoso milanista, per giunta padre di due ragazzi brasiliani adottati, spero sia l’ultima.

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