La coraggiosa decisione di Benedetto XVI è giunta del tutto inaspettata. Cera chi si diceva convinto che il Papa tedesco, il quale più di ogni altro suo predecessore ha riflettuto sullo speciale legame che unisce i cristiani e il popolo dIsraele, fosse deciso ad attendere lapertura degli archivi vaticani sul pontificato di Pio XII prima di promulgare leroicità delle virtù, che di fatto rappresenta il via libera alla beatificazione del Papa alla guida della Chiesa durante gli anni terribili della guerra e della Shoah.
Non è stato così. Joseph Ratzinger ha preso tempo, ha commissionato un supplemento dinchiesta e unulteriore indagine sui documenti degli archivi, e di fronte al risultato positivo peraltro confermato dalla storiografia più recente che sta abbandonando certi stereotipi della «leggenda nera» antipacelliana ha deciso. Lo ha fatto dimostrando un notevole coraggio, se si pensa che lapprovazione del decreto è avvenuta a meno di un mese dallannunciata visita papale alla Sinagoga di Roma e già fioccano le reazioni di parte ebraica sulla presunta «insensibilità» del Pontefice.
Lo ha fatto, va ricordato, a conclusione di un anno che si era aperto in modo molto doloroso, a motivo del caso Williamson, il vescovo lefebvriano negazionista sulle camere a gas le cui stravaganti convinzioni erano state rilanciate nellimminenza della revoca della scomunica. Lo ha fatto, infine, nellanno della visita in Israele, culminata con lomaggio al memoriale delle vittime della Shoah, lo Yad Vashem.
Benedetto XVI, che ha pronunciato parole inequivocabili e fermissime contro lantisemitismo di ieri e di oggi, è il Papa che ha bloccato la beatificazione, già stabilita, di padre Léon Gustave Dehon, il religioso francese fondatore dei Dehoniani, a motivo di alcune sue espressioni considerate antisemite. Se ieri ha dato il via libera per Pacelli, è evidente che non ritiene esistano problemi in questo senso.
Con il suo passo meditato, Papa Ratzinger ha voluto probabilmente mandare anche un altro messaggio. Non è un caso che la firma del decreto su Pio XII sia avvenuta insieme a quella su Giovanni Paolo II. Quando alla fine del Concilio ci fu chi propose di proclamare «santo subito», per acclamazione, Giovanni XXIII, il suo successore, Papa Montini, volle che si facesse un regolare processo e aprì contestualmente anche la causa di Pio XII. Cera, in questa decisione, la volontà di evitare che si leggesse la storia della Chiesa come un susseguirsi di fratture e di balzi in avanti che facevano tabula rasa del passato. Liter delle due cause è stato diverso: Giovanni XXIII è arrivato al traguardo della beatificazione molto prima, nel settembre del 2000, in pieno Giubileo. Giovanni Paolo II volle affiancarlo a Pio IX, beatificandoli insieme. Ora Ratzinger, in qualche modo, fa lo stesso: dichiara «venerabili» lo stesso giorno sia Pio XII che Wojtyla. Di questultimo è stato non solo immediato successore, ma anche fedele e stimato collaboratore per molti anni. Lha conosciuto a fondo, lo ha aiutato nelle sue scelte, ha permesso che il processo di beatificazione iniziasse senza attendere i cinque anni dalla morte e procedesse con celerità.
Ma con la concomitante firma del decreto sulleroicità delle virtù di Papa Pacelli, Benedetto XVI vuole indicare ancora una volta alla Chiesa quell«ermeneutica» del Concilio che ha chiamato «della riforma» e non della «rottura con il passato». Da questo punto di vista la figura di Pio XII è emblematica. Pacelli, che nellimmaginario popolare viene identificato con i fasti della Chiesa preconciliare, è il Papa più citato nei documenti del Vaticano II e con il suo magistero ha contribuito a preparare lassise conciliare.
Al momento, visto liter necessario per il riconoscimento dei miracoli su quello per Wojtyla si è già cominciato a lavorare, su quello per Pacelli invece no non si può certo ipotizzare una beatificazione comune, come quella che avvenne nel 2000. Ma non si può nemmeno escludere.
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