Il commento Via le deleghe al finiano Landi

di Carlo Maria Lomartire Un’altra bella grana, signora Moratti, questa di un suo assessore che si mette a fare politica arrivando a ipotizzare, per le elezioni del 2011, una candidatura alternativa alla sua, a quella del suo attuale sindaco. Stiamo parlando, com'è evidente di Giampaolo Landi di Chiavenna, assessore alla Sanità del Comune di Milano dal 2007 e ora investito (autoinvestitosi?) del ruolo di capofila finiano di Palazzo Marino. Impegnatissimo perciò in questi giorni a reclutare truppe milanesi per la formazione del presidente della Camera. Forse, però, bisognerebbe ricordare a Landi qual è la vera natura del suo mandato. La legge di riforma degli enti locali di una ventina di anni fa stabilisce l'elezione diretta del sindaco con un cospicuo premio per la sua maggioranza in modo da assicurarne una certa stabilità. Ma impone anche che gli assessori, ricevendo una delega dal sindaco, non possano essere consiglieri comunali. Tanto che, se un consigliere diventa assessore - come spesso ambisce - deve dimettersi dall'assemblea ed è successo molte volte. Questo per distinguere nettamente e formalmente le funzioni politiche di un consigliere da quelle amministrative di un assessore che, ripeto, non è che un delegato del sindaco. Landi perciò, se vuole rispettare la legge, deve scegliere: se fa l'assessore non può fare l'animatore, il proconsole, il leaderino delle truppe finiane a Milano. Tanto più se, come sembra, lo sbocco di questa attività sarà, la prossima primavera, la presentazione di una candidatura alternativa a quella della Moratti, cioè il sindaco in nome del quale oggi Landi formalmente agisce, mettendo insieme una lista fritto misto che va da un ex morattiano deluso come Edoardo Croci a un verde spurio come Enrico Fedrghini fino a qualche indipendente di sinistra come Carlo Montalbetti. Chi fa continui e un po' petulanti richiami alla legalità dovrebbe porsi anche questo tipo di problemi.
Ma, come dicevo prima, questa è soprattutto una bella grana per la Moratti: in quattro anni il sindaco si è liberato di ben sei assessori, ritirando loro la delega. L'ultimo caso è quello di Paolo Massari, fatto dimettere da consigliere comunale perché chiamato a fare l'assessore all'Ambiente al posto del congedato Croci, e a sua volta liquidato dopo pochi mesi per una vicenda mai chiarita. Dal punto di vista politico e della lealtà di un assessore verso il suo sindaco, la sua maggioranza e i suoi elettori, il caso di Landi mi sembra, francamente, molto più grave e comunque più limpido ed evidente di quello, ad esempio, di Massari, per non dire di Tiziana Maiolo, Vittorio Sgarbi e altri. L'attuale assessore alla Sanità semplicemente non sta rispettando la delega ricevuta dal sindaco, al quale deve rispondere, e approfitta del suo ruolo per giocare una partita tutta politica ed estranea, anzi in contrasto col mandato ricevuto dagli elettori milanesi.

Al sindaco, a questo punto, non resta che trarne le conseguenze, con la stessa determinazione usata con altri, e ritirare la delega al collaboratore doppiogiochista. A meno che non accetti di andare alle elezioni con una spina nel fianco o, se preferite, una serpe in seno.

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