Commento Finalmente gli impuniti pagano

Mai dire mai, nella vita. Ad un certo punto può davvero succedere l’impensabile: persino che i vigili urbani diventino amabili e simpatici. Sento il dovere di confessare: è la prima volta in vita mia che mi trovo a parlarne bene. Ma se lo meritano. Questa caccia al consulente finanziario con macchinone debordante e targa monegasca, così spudoratamente ganassa da collezionare e irridere la bellezza di 108 multe, è da Ambrogino d’oro. Ovviamente non so quali norme regolino l’assegnazione del premio milanese e quali requisiti precisi debbano avere i selezionati, ma idealmente non c’è gara. Ogni tanto l’Italia della giustizia giusta rialza la testa e va a colpire proprio là dove il caso si presenta più odioso e più insopportabile. Questo signor D.P. (francamente trovo una delicatezza eccessiva l’uso delle iniziali), questo gallo metropolitano che di professione fa il «broker» e per hobby la bella vita, o forse il contrario, ha gaiamente danzato sulle nostre afflizioni di gente comune, tutti i giorni pronta a pagare l’Ecopass, il parcheggio, la metro, il tram, la bike-sharing e molto spesso le persecuzioni disumane degli spietati ausiliari del traffico. Come troppi bulli della new economy - ormai very old e very cold - si è sentito sicuramente molto scaltro e molto astuto, ascendente impunito. Lo sappiamo com’è mediamente certa gente dalla frontiera facile: passa metà della propria vita a scovare il modo più geniale per evitarsi i fastidi della legge, mentre l’altra metà la dedica solitamente a scontare le fesserie inanellate nella metà precedente. Questa delle residenza monegasca è una fulgida tradizione, ormai, per tante belle gioie del nostro Paese, individui a metà tra il dandy e l’avventuriero, tra il faccendiere e l’albertosordi, cui non basta godersi tranquillamente e onestamente il benessere sul suolo avito: no, devono continuamente inventarsi gli stratagemmi più acrobatici per vivere beatamente sopra le righe e fuori controllo.
Il signor D.P. (Divino Parcheggiatore?) farà magari sapere presto, tramite i suoi avvocati di fiducia con targa monegasca, come questa storia sia tutta un malinteso, come si sia visto costretto ad accumulatre queste 108 multe per assistere una persona cara molto malata. Ne abbiamo viste e sentite di ogni, in tutti questi anni. Raccontano i giudici di pace che i ricorsi più grotteschi ed esilaranti in tema di multe arrivano proprio dai ricorrenti più altolocati. Ma tutto sommato il seguito della storia interessa poco. Intanto, il signor D.P. (Divieto Perenne?) paga il suo mezzo chilo di multe e regala a tutti noi un impagabile senso di rivincita. Siamo pur sempre gli italiani che appena oltrepassano la frontiera vengono messi nel mirino da tutte le gendarmerie internazionali, eternamente allertate per la nostra ben nota fama di indisciplinati, furbastri, insofferenti alle regole. Italiano casinista, italiano menefreghista. Italiano.
Per una volta, lo Stato di diritto sta qui. Il disinvoltone che credeva bastasse montare una targa per prendersi gioco dell’Italia dei Cachi dovrà quanto meno accettare l’imprevisto e correre a nascondersi, magari andando a rompere l’anima una volta per tutte a Montecarlo. Succede che qualche volta persino l’Italia si stanchi di fare l’Italia nel solito modo, forte coi deboli e debole coi forti. Saltuariamente, a macchia di leopardo, sempre troppo poco.
Poi non so se sia solo una coincidenza, ma credo proprio di no: la mirabile operazione fa il paio con quella condotta, sempre a Milano, dalla vigilessa che giorni fa ha respinto le proteste di Et’o per la multa in divieto di sosta.

Mai avrei pensato di arrivare alla suprema umiliazione: ringraziare i vigili perché lentamente, ma inflessibilmente, stanno creando un’atmosfera diversa. È consolante circolare in una città dove tutti sono uguali e nessuno può sentirsi più uguale degli altri. Tra Montecarlo a Montenapo comincia ad esistere una certa differenza.

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