Commento Ma l’America non la vuole

C’è un dubbio che striscia da Washington verso ovest, est, sud e nord. Esce dalle case e dagli uffici dell’America che lavora o no, che ha un medico o no, che ha una assicurazione o no: forse la gente non la vuole la riforma sanitaria. Inconcepibile, folle, assurdo per noi. Normale, o quasi, per loro. La domanda che gli europei non si fanno mai e che spesso non si fanno neanche i politici è proprio quella: ma l’America vuol cambiare davvero il suo sistema sanitario? L’abbiamo visto, l’abbiamo letto, lo sappiamo: ci sono almeno 45 milioni di persone che, nel Paese che guida il mondo, rischiano di morire perché non sono coperti né dal sistema sanitario nazionale, né da una assicurazione privata. Quello che non si può smettere di ricordare è che non sono i poveri: chi non guadagna abbastanza, negli Usa, ha tutte le spese coperte dal Medicare, lo stesso è per gli anziani e per i bambini.
Allora fuori da ospedali e cure ci sta la classe media che potrebbe permettersi un’assicurazione, ma che spesso non la vuole. Inconcepibile, folle, assurdo per noi, appunto. Perché ogni europeo si troverebbe spiazzato in un sistema così, ma gli americani l’hanno accettato e a volte anche caldeggiato. È vero che c’è un’America che chiede quello che Obama adesso vuole dargli, ma poi ce ne è un’altra che non lo ritiene né necessario, né utile. Meglio: a parole tutti vorrebbero una mutua universale, poi però appena ci si avvicina a una nuova riforma l’opinione pubblica torna indietro o si gira dall’altra parte. La dimostrazione è che prima delle elezioni il 71 per cento degli americani riteneva fondamentale mettere mano al sistema sanitario nazionale tanto che ogni singolo candidato alla presidenza aveva una sua teoria e una sua legge. Ora che Obama vuole farlo davvero la sua popolarità sprofonda. Non è un caso se da 15 anni la sanità era uscita dall’agenda politica di Washington: non se ne occupava la Casa Bianca, non se ne occupava il Congresso. L’unico che ha fatto qualcosa, anzi più di qualcosa, è stato George W. Bush, il quale ha potenziato più di ogni altro presidente della storia il Medicare, ovvero il sistema che copre tutti gli over 65. Nessuno se ne è accorto in Europa, perché la sanità pubblica di Bush non era chic. Anzi, è passato il messaggio opposto: quello di un’amministrazione poco sensibile. Invece Bush aveva un programma più ampio e dettagliato e a bloccarlo è stato il Congresso, col grande impegno dei democratici che adesso sembrano i salvatori dell’America senza sanità. D’altronde erano stati sempre i liberal a contribuire all’affossamento dell’Hillarycare, l’unico vero tentativo di riforma del sistema che la signora Clinton fece nel 1993 da First Lady e che rischiò di far andare gambe all’aria la presidenza del marito già a metà del primo mandato.
Chi tocca la sanità in America rischia. Obama sogna di cambiare i connotati alla gente. Perché è questo che bisogna capire qui da noi: gli americani considerano la copertura sanitaria universale un optional. Anzi una cosa quasi fastidiosa. Cultura o non cultura, dipende: loro, però, hanno paura di perdere la libertà di scegliere medici e cura, hanno la certezza che ci vorranno nuove tasse per pagare l’assistenza per tutti, hanno il terrore di finire come il Canada, oppure, peggio, come l’Europa.

Una volta, in un dibattito presidenziale, Rudolph Giuliani si sfogò con tutti i colleghi candidati che si riempivano la bocca di riforme e controriforme: «Noi siamo gli Stati Uniti, non la Francia». Rudy è scomparso, però quella battuta se la ricordano tutti.

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