Il commento L’effetto Garbatella

L’effetto Garbatella ha colpito ancora. E stavolta è un salto triplo, come la triplicazione (quasi) degli ascolti di C’è posta per te sulla Serata d’onore di Baudo. Uno smacco per Superpippo, da ieri è un po’ meno Super, entrato nella classifica delle maglie nere di Raiuno. Troppo istituzionale, anche se di qualità, il suo show infarcito di star nostrane del cinema, eppure superato in nazional-popolarità dalle storie piene di pathos e di coinvolgimento emotivo (l’altra sera c’era anche un ragazzo down) narrate con la consueta maestrìa da Maria De Filippi. Smoking e lustrini contro l’Italia popolare di tutti i giorni. Il gala elegante della festa contro il batticuore domestico. L’eccellenza dei vip contro i sentimenti con due ospiti appena (Marco Carta e Emanuele Filiberto). È andata come sappiamo. E bisogna tuttavia concedere a Baudo il fiuto del vecchio leone che subodorava la débâcle quando, pochi giorni prima di andare in onda, aveva alzato il tiro sulla rivale - «non è una corazzata inaffondabile» - dalla, per lui inedita, posizione dello sfidante.
L’effetto Garbatella l’aveva già colpito all’ultimo Festival di Sanremo, battuto dai Cesaroni di Claudio Amendola, ambientati nel quartiere popolare e storicamente di sinistra di Roma dove, di lì a poco, in occasione delle elezioni per il sindaco, si sarebbe consumato un piccolo-grande ribaltone con l’inattesa maggioranza conquistata dal futuro sindaco Gianni Alemanno. È successo, ma non è bastato a cambiare rotta. Per carità, Raiuno e il suo direttore Fabrizio Del Noce possono dormire sonni tranquilli, forti del robusto vantaggio di cui la rete gode sulla rivale Canale 5. Però: se Pippo va peggio di Pupo - e non è un gioco di parole - qualcosa dev’essere successo. La sconfitta di Baudo somiglia in qualche modo alla «catastrofe politica» della sinistra sinistrata descritta dall’ultimo Edmondo Berselli. Prigioniera della forma e della calligrafia, arroccata nella sua autosufficienza superiore, quella sinistra ha finito progressivamente per allontanarsi dalla sostanza e dalla quotidianità del Paese reale. Una lontananza che non poteva non presentare il conto, come si è visto.
Succede anche in televisione. Metabolizzando il cattivo risultato di alcune serie tv troppo «ansiogene», qualche settimana fa Fedele Confalonieri aveva detto che, in tempi di crisi, il pubblico preferisce un po’ di ottimismo, cerca il lieto fine.

Però: un conto è il lieto fine che trasmette un pizzico di speranza, un altro conto è pigiare sull’acceleratore di mondi luccicanti e stili di vita inarrivabili, tanto più ora che si deve stringere la cinghia.
C’era una volta la Garbatella di sinistra. E c’era anche la televisione dei gran galà e dei vip.

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