Rientro nella mia Genova. Nella mia Genova «scollegata da ogni distanza». Varsavia-Milano è un battito d'ali: tra Milano e Genova ci sono gli Indiani, tra la pianura padana e il mare c'è la distanza infinita che regalano le Ferrovie dello Stato.
Rientro nella mia Genova: ratti e zoccole sono di nuovo lì, ad aspettarmi in agguato appena scarto in Vico Salvaghi da via Garibaldi. Quelli in barba alligiene, quelle in barba agli editti del Sindaco che ha tentato di chiudere i «bassi». Non c'è verso, le statistiche del Sole 24 ore fotografano impietosamente una città che scivola giù nelle classifiche di vivibilità, conquistando l'oro beffardo dell'ultimo posto rispetto alla sicurezza dei cittadini.
Anche la Cultura genovese galleggia a mezza quota nelle classifiche nazionali: nonostante gli sforzi, l'offerta è ancora valutata come media se non mediocre. La mostra su De André sicuramente segnerà un picco nell'auditel, ma non basta.
Brindo alla felice intuizione mediatica di Luca Borzani e Pietro Da Passano che, lavorando con due anni di anticipo, sono arrivati a cavalcare l'onda delle celebrazioni per i dieci anni dalla scomparsa ma, al di là di questo, Genova non va.
E il problema occorre vederlo su scala un po' più ampia: non stiamo qui a discutere se è giusto dare la poltrona del Carlo Felice a chi ha deciso di usare Genova per appendere cappello e cappotto, piuttosto che ad un bravo, preparato e dinamico Sovrintendente che pensi al bene del Teatro e non solo alla sua carriera.
Vorrei discutere su un problema che, mi sembra, stia a monte di tutto questo: Genova è «sconnessa», Genova ha cliccato «log-out» e si è arresa. (...)
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