di Giuseppe Staiano*
È a dir poco paradossale quanto è accaduto al direttore responsabile ed al vicedirettore di questa testata. Accusati del reato di violenza privata, entrambi sono divenuti oggetto di una campagna mediatica incentrata, come di consueto, sulla diffusione del contenuto di intercettazioni telefoniche. Nulla di nuovo, si dirà, visto l’andazzo che ormai da tempo contraddistingue, con rare eccezioni, tutti gli organi di informazione. Quasi un «contrappasso» dantesco, taluno potrebbe osservare.
Sbaglierebbe, tuttavia, chi si appagasse di tale facile conclusione, poiché la presente vicenda, al contrario, si presenta - ad una lettura più approfondita - come emblematica dei rischi originati dall’uso giornalistico, a dir poco disinvolto, di tale delicatissimo materiale investigativo.
A costo di annoiare il lettore con qualche tecnicismo, è necessario rammentare che (a norma dell’art. 266 del codice di procedura penale) per l’accertamento del delitto di violenza privata non è consentito il ricorso alle intercettazioni telefoniche; nel caso di specie, infatti, la captazione delle conversazioni parrebbe avvenuta nell’ambito di un diverso procedimento penale. Ricorrendo questa evenienza, l’art. 270 del medesimo codice stabilisce, però, un divieto di utilizzazione delle risultanze dell’intercettazione, le quali possono essere impiegate dal pubblico ministero - salvo che non risultino indispensabili per l’accertamento di delitti per i quali è obbligatorio l’arresto in flagranza (ma tale non è il caso del reato contestato a Sallusti e Porro) - solo per procedere ad «accertamenti volti ad acquisire nuovi elementi di prova sulla cui base soltanto potrà successivamente proporre l’azione penale» (Corte costituzionale, sentenza n. 366 del 1991).
E qui, appunto, sta il paradosso della vicenda: l’attenzione dei media - come di consueto «morbosa» - si è incentrata su un materiale investigativo, le intercettazioni, che mai potranno «entrare» nel processo, almeno su iniziativa della pubblica accusa. Si conferma, pertanto, l’urgenza della riforma della disciplina delle intercettazioni, non una «legge bavaglio», ma un indispensabile strumento per la tutela della reputazione dei soggetti coinvolti in indagini giudiziarie.
Un’esigenza sulla quale paiono d’accordo, ormai, anche settori del mondo giudiziario.
*Avvocato penalista
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.