Il commento In quei tubi passa la politica di Mosca

Il 10 giugno del 2008 a Deauville, in Normandia, il presidente di Gazprom, Alexei Miller, dichiarava davanti a un centinaio di giornalisti provenienti da tutta Europa che i Paesi dell’Unione hanno tutto l’interesse a lavorare con il colosso russo perché è il più affidabile e quello che potrà garantire in futuro le forniture di metano di cui l’Europa ha bisogno. Il messaggio, molto chiaro, era: «L’Europa ha bisogno del gas russo, ma la Russia ha bisogno dell’Europa. Potete fidarvi». La crisi ucraina del 2006 sembrava lontanissima, anche se il suo fantasma era un po’ il convitato di pietra dell’incontro. Sono passati sette mesi, è il convitato bussa alla nostra porta: il calo delle forniture è un duro colpo alla credibilità del gruppo russo.
Alexander Medvedev ieri a Londra ha accusato l’Ucraina di aver chiuso i gasdotti e c’era pure lui a Deauville a ricordare che le forniture di gas non erano mai state sospese neppure durante la Guerra fredda. Ma ieri i tagli sono stati drastici. Nella crisi del 2006 russi e ucraini hanno fatto a gara nello scambiarsi accuse (anche poco credibili), copione pienamente rispettato oggi. Così l’Europa continua a dipendere dai litigi tra Russia e Ucraina e dai loro ricatti incrociati. Ieri il presidente di Nomisma Energia, Davide Tabarelli, ricordava che la partita di Mosca è per la riconquista del suo dominio sulle repubbliche ex sovietiche: solo se l’Ue medierà tra Kiev e Mosca e si accollerà i 2-3 miliardi dollari del debito ucraino il gas tornerà a fluire verso l’Europa.

Dalla Russia arriva il 30% del gas che compriamo (contro il 33,2% dell’Algeria), il 37,6% del nostro fabbisogno energetico totale viene soddisfatto dal gas, il 66% dell’elettricità italiana viene prodotta con il metano.GCh

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