Il commento Sfibrare il governo è giocare col fuoco

Nella «normalità» il voto locale esprime «sentimenti» di cui gli esecutivi devono tenere conto ma ha «effetti» relativi: si vota per il comune e si decide la sorte di questo. Si vota «localmente», Nicolas Sarkozy viene sconfitto in quasi tutte le regioni francesi ma non si dimette, così Josè Zapatero, così Angela Merkel. L’Italia per certi versi però non è «normale»: la sinistra è in mano a nomenklature e gruppi in guerra fra loro e il voto regionale del 2000 servì ai veltroniani per far saltare il governo D’Alema. Poi le elezioni abruzzesi e sarde regolarono i conti con la segreteria Veltroni pure eletta con partecipate primarie nazionali. Nel centrodestra le leadership di Silvio Berlusconi e Umberto Bossi sono in grado di reggere a destabilizzazioni interne. Però «funzionano» in un sistema dove tante istituzioni che dovrebbero operare da contrappesi al potere politico, agiscono in realtà da contropoteri attivi per la destabilizzazione e la disgregazione.
Standard & Poor’s fa spesso giochi poco trasparenti, però quando segnala come le difficoltà politiche potrebbero aggravare i problemi italiani non dice cosa infondata. La Borsa che perde il 3 per cento dopo le voci sulle «difficoltà» di Silvio Berlusconi, sarà troppo «sensibile» ma registra una realtà effettuale. Quando si vedono i «soliti» movimenti in settori dello stato collegati al voto locale, non ci si può certo stupire.
Il voto del 29 e 30 maggio eleggerà i sindaci di Milano, di Napoli e di altri enti locali ma si cercherà di utilizzarlo anche per incrinare un assetto politico già permanente destabilizzato e messo costantemente sotto «garanzia». Già emerge la tentazione di uscire dalle difficoltà con ipotesi proporzionalistiche: ci sono certo problemi reali di partecipazione democratica ma favorire oggi la disgregazione, significherà rinunciare allo sforzo di riportare sotto controllo il bilancio dello Stato per tagliare prima la spesa pubblica e poi le tasse, con un ulteriore cedimento delle funzioni di un esecutivo democraticamente eletto ai mille poteri immobili e irresponsabili attivi nello stato e nella società.
Ci sono motivi di scontento per amministrazioni locali come la milanese e anche stati d’animo negativi verso il governo nazionale. Ma vi sono occasioni in cui si deve bilanciare il «mal di pancia» personale con gli effetti che una scelta elettorale può produrre. La maggioranza di centrodestra con i suoi limiti ha la solidità per resistere anche a segnali di malumore popolare, ma le varie forze che hanno già cercato di buttare giù il governo il 14 dicembre 2010, tenteranno di utilizzare i varchi che un voto locale può aprire.

Sfibrare un governo che già deve fare i conti con una strisciante crisi globale, con un’Europa in difficoltà, con i drammi tipo Grecia, significa giocare con il fuoco. Le scelte sono locali ma certe responsabilità sono oggi generali ed è un atto di un minimo buon senso evitare salti nel buio, non dando spazio a chi pensa più a distruggere che a costruire.

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