Per essere il nuovo che avanza ha già i capelli piuttosto grigi. Gabriele Galateri di Genola arriva alla presidenza delle Generali al grido di «largo ai giovani», che è un po come se Bombolo diventasse il leader del partito dei magri. O come se Polifemo si facesse testimonial della campagna «Occhi aperti». Per carità, tutto lecito, tutto bellissimo: facciano come credono, chiediamo solo che non ci prendano in giro. Avevano lanciato lassalto alla poltrona di Geronzi dicendo «è ora di finirla con gli arzilli vecchietti». E quando sono riusciti ad abbatterlo chi hanno messo al suo posto? Uno che stava già nella direzione centrale della Banca di Roma nel 1971, lanno in cui Giovanni Leone diventava presidente della Repubblica e Nicola di Bari vinceva il Festival di Sanremo con «Il cuore è uno zingaro». Uno che negli ultimi quarantanni non sè fatto mancare una poltrona, un incarico, un consiglio damministrazione.
Avranno le loro buone ragioni, avranno fatto le giuste valutazioni. Ci mancherebbe. Basta che non siano ipocriti. Basta che non tentino di far passare unoperazione di potere (legittima, come tutte le operazioni di potere) con la grande stagione del rinnovamento della finanza italiana. In effetti fa un po ridere leggere gli articoli che parlano di «svolta epocale», di «fine di unera», di «primavera del palazzo», come se quello che è accaduto fosse davvero la piazza Tahir dei salotti buoni, il maggio francese dei poteri forti. Rivoluzione in corso? Ma va là: Gabriele Galateri di Genola ha 64 anni, mangia pane e stock option da decenni e da sempre vegeta nelle stanze che contano manco fosse un ficus benjamin presidenziale. Diciamola tutta: se lui passa come una novità, allora cè speranza di far passare Matusalemme per un bebé, tutto barba bianca, borotalco e pasta Fissan.
Per carità, sarà pur vero come ci raccontano fior di editorialisti economici che adesso comincia lera delletica nelleconomia, sarà pur vero che questa nomina segna una svolta verso il capitalismo di mercato finora calpestato. Ma resta da capire allora perché il presidente Galateri di Genola non potesse difendere allo stesso modo questi importanti valori prima della nomina alle Generali. Non è mica che facesse loperaio alla Breda o il fornaio in Valsugana. Macché: è stato 4 anni (dal 2003 al 2007) presidente di Mediobanca, amministratore delegato di Ifil, Ifi e Fiat, presidente della Telecom, nonché membro della giunta di Confindustria e di Assolombarda. Ora, io ho il massimo rispetto per questo signore, ma mi domando: perché diavolo ha aspettato di sbarcare a Trieste per ergersi a rappresentante della svolta etica e della riscossa del capitalismo di mercato? Non poteva poco poco cominciare prima? Chi glielha impedito?
Capisco che sia fin troppo facile caricare sulle spalle degli sconfitti tutto il peso del passato. Ma ho limpressione che, mentre larzillo vecchietto Geronzi si sporcava le mani nelle stanze dei bottoni, larzillo vecchietto Galateri di Genola non se ne stesse affatto alla bocciofila o al circolo dei ferrovieri. È un outsider? Un segno di rinnovamento? Un elemento di discontinuità? Beh, a guardare il curriculum non si direbbe: ieri pomeriggio, al momento della nomina alla presidenza delle Generali, tanto per dire, larcangelo Gabriele risultava titolare di undici poltrone in vari cda, dalla Telecom Italia alla Fiera di Genova, dalla Cassa di Risparmio di Savigliano ai cantieri navali Azimut, dallItalmobiliare allIstituto europeo di oncologia, passando per Utet, Banca Esperia, Carige, Accor Hospitality e Fondazione nazionale Santa Cecilia. Interessi così poliedrici da far invidia a Pico della Mirandola: in effetti Galateri di Genola pare in grado di diventare consigliere di tutto, dalle banche alla musica, dalloncologia alle barche a vela. Purtroppo per lui, quando si tratta non di consigliare, ma di gestire direttamente le aziende non gli va altrettanto bene: come amministratore delegato Fiat, infatti, è durato in carica appena 10 mesi, poi lhanno cacciato. Chissà, forse non era ancora il tempo delletica nelleconomia e della svolta epocale.
Non cè da stupirsi, sia chiaro: in fondo siamo un Paese che nomina Sergio Zavoli (87 anni) presidente della commissione di vigilanza della Rai; siamo un Paese che considera «giovane» un politico alle soglie dei 60 anni che faceva il portaborse di Forlani; e siamo un Paese che per portare vento di cambiamento nei palazzi del potere pensa a uno come Montezemolo che quei palazzi del potere li frequenta da quando aveva le braghette corte tanto che cè il rischio che gli uscieri lo scambino per una tappezzeria. In un Paese, si capisce, così può succedere di tutto: può succedere anche che cerchino di convincerci che Galateri di Genola rappresenti la lotta contro il vecchio. Il nuovo che avanza.
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