Economia

Commercio, sempre più larga la voragine del deficit Usa

In luglio il «rosso» ha toccato la cifra record di 68 miliardi di dollari. Allarme per l’import dalla Cina, pari a 24,6 miliardi

Rodolfo Parietti

da Milano

Le importazioni di merci cinesi e di petrolio hanno allargato nel mese di luglio il deficit commerciale americano, schizzato alla cifra record di 68 miliardi di dollari, il 5% in più rispetto a giugno. La notizia è di quelle che non piacciono agli organismi internazionali come il Fondo monetario e l’Ocse e tanto meno alla Federal Reserve. Inoltre, crea qualche grattacapo in più al segretario al Tesoro Henry Paulson, atteso a Pechino dopo il vertice del Fmi previsto a Singapore il 19-20 settembre prossimi. Nella capitale dell’ex Impero Celeste, «Hank» - come viene affettuosamente chiamato da George W. Bush, che lo ha fortemente voluto come successore del mai amato John Snow - dovrà far sfoggio di tutta la propria abilità diplomatica per convincere il premier Wen Jiabao a rivalutare lo yuan.
Si tratta di una missione alla Tom Cruise. Quindi, quasi impossibile, considerata l’abitudine cinese a rimpallare sugli Usa le responsabilità. Ma l’impresa va comunque tentata: perché l’opera di svalutazione del dollaro, avallata dallo stesso Paulson fin dal discorso di insediamento al Tesoro, da sola non è sufficiente a riequilibrare la sbilanciatissima situazione commerciale. Nel complesso, l’export è infatti calato dell’1,1%. E anche perché altri numeri parlano chiaro: in luglio, hanno varcato la frontiera a stelle e strisce prodotti made in China per un controvalore corrispondente a 24,6 miliardi di dollari. Un record. Davanti al quale qualche membro del Congresso, più che il sopracciglio, intende alzare le barricate dei dazi doganali. Non è escluso che entro la fine del mese venga messa ai voti del Senato la proposta di introdurre sanzioni su tutti i prodotti cinesi. Il problema è che, a sua volta, l’America ha esportato in luglio nel Paese asiatico merci per 5,1 miliardi di dollari, il più alto livello di sempre. Il che rende ancor più complicata la situazione.
Per quanto negativo, l’ultimo dato sul disavanzo commerciale ha segnalato una buona tenuta dei consumi privati, nonostante il rallentamento del ciclo. Ciò è tanto più sorprendente in considerazione dei segnali non del tutto positivi giunti dal mercato del lavoro e, soprattutto, alla luce della violenta decelerazione dei prezzi delle case, fino a qualche mese fa utilizzati da molte famiglie come strumento aggiuntivo di liquidità.

Il fenomeno potrebbe offrire il destro a quanti, all’interno della Federal Reserve, premono per un ulteriore rialzo dei tassi.

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