Le «commissioni» per gli sfratti sono incostituzionali

La storia delle locazioni, in Italia, è da sempre costellata da fatti (e misfatti) che altro risultato non hanno ottenuto che quello di ridurre al lumicino un istituto che in altri (e più avveduti) Paesi è invece sviluppato e (fiscalmente) tutelato, assicurando esso la mobilità sul territorio delle forze del lavoro, degli universitari, degli impiegati pubblici in particolare.
Subito nel secondo dopoguerra del secolo scorso, dunque, l'espediente di chi (come oggi) aveva una vista che non andava al di là del proprio naso, era quello di prorogare i contratti.
Dopo un monito della Corte costituzionale nel 1984, e una dichiarazione di incostituzionalità nel 1986, il legislatore, furbo in verità, cambiò però strada e - per dribblare la Consulta - scoprì l'espediente (all'evidente fine di ottenere pur sempre lo stesso risultato, e cioè di impedire che gli immobili locati ritornassero alla proprietà) di bloccare non più i contratti, ma le esecuzioni di rilascio, vale a dire gli sfratti.
Anche qua, due solenni moniti-diffida della Corte costituzionale, e precisamente nel 2003 e nel 2004, non sono valsi a impedire il continuo, reiterato utilizzo del citato espediente: dal 2004, ci sono stati altri sei blocchi e, attualmente, è in atto il ventiduesimo, considerato il solo periodo che ci separa dalla legge dell’equo canone, praticamente in ragione - in trent'anni - di quasi un blocco all'anno.
Vogliamo dire, quindi, che la Corte costituzionale, fin troppo paziente, è stata in fin dei conti totalmente ignorata. Ma qualcuno deve aver pensato che, forse, non era il caso di continuare. E dopo il blocco dei contratti e il blocco delle esecuzioni, ha scoperto il terzo espediente: il blocco amministrativo, tramite Commissioni prefettizie (abolite nel 1998 e ripristinate l'anno scorso, dalla legge numero 9 dell'8 febbraio).
Istituite da qualche prefetto (pochi in verità) nonostante autorevoli pareri (Avvocatura distrettuale dello Stato di Firenze e Direzione Affari legali presidenza del Consiglio) che hanno da esse preso le debite distanze, le Commissioni in questione - però - sono ora (su ricorso della Confedilizia, e solo della Confedilizia, come al solito) state spedite alla Corte costituzionale dal Tribunale amministrativo regionale della Lombardia.

Che ha potuto invocare un intervento della stessa Consulta (sentenza numero 321 del 1998, nel quale si sottolineava come il differimento degli sfratti incida «sul principio costituzionale della tutela giurisdizionale delle situazioni soggettive». Parole precise, ma che - ciò nonostante - si è tentato ancora una volta di aggirare. Non saremmo in Italia, se no.
*presidente Confedilizia

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