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La commovente «carica dei centoundici»

La commovente «carica dei centoundici»

Per un attimo pensi di non essere in Italia, nella sala grande dell’Auditorium di Roma. Perché una schiera di ragazzi - dai cinque ai diciassette anni, età media tredici - in divisa: pantaloni neri e t-shirt azzurra con scritta «JuniOrchestra», non l’avevi mai vista. Poi, invece, realizzi che sta assistendo ad un miracolo: sei a Roma, quella è un’orchestra di ragazzi: la prima, forse l’unica in Italia. L’ha messa insieme l’Accademia di Santa Cecilia, nell’ambito del suo programma «Education» l’ha istruita e ora la fa debuttare, davanti ad un pubblico speciale, più vivace del solito, il pubblico delle famiglie, oltre duemila, con ragazzi e bambini al seguito. Sulla sua nascita hanno vegliato, oltre l’Accademia, l’Assessorato alle Politiche Sociali del Comune di Roma e l’IPAB «S. Maria in Aquiro», una onlus dedita all’assistenza di anziani e ragazzi. A farle muovere i primi passi hanno provveduto una quarantina di professori dell’orchestra dell’Accademia, ed i due direttori impegnati nel bell’esperimento, Antonio Pantaneschi e Simone Genuini. Il più piccolo, cinque anni, Sebastian, sta in prima fila; con le gambe non tocca terra, è ingovernabile, fa un suo concerto nel concerto; il più grande, Fabrizio, diciassette anni, disciplinatissimo, suona il fagotto; prima del concerto, dal podio, ha letto una poesia per il padre che ha perduto da poco. L’orchestra l’ha applaudito battendo i piedi, come solitamente fa un’orchestra adulta in segno di apprezzamento verso direttori e solisti celebri. In quel momento era chiaro a tutti che l’orchestra è una efficace palestra di educazione anche umana.
Da metà gennaio fino all’altro ieri, ogni sabato, i 111 della Juni Orchestra, alle due del pomeriggio, hanno inondato tutti gli spazi dell'Auditorium, sale e salette e corridoi e stanzette, per studiare. Infine l'esordio, in un clima di festa e di gioco. L'orchestra schierata, il podio vuoto, ha attaccato la celebre «Habanera» dalla Carmen di Bizet, tirando avanti fino alla fine, in barba al direttore. Poi, con lui sul podio, tutti in piedi per l'Inno nazionale. A seguire, dal Peer Gynt di Grieg , «Il mattino» che anche le pietre conoscono e, in un crescendo di consensi e un tripudio di flash e telecamere di tutte le dimensioni, si è arrivati al pezzo forte, conclusivo, la Ouverture rossiniana dalla Gazza ladra. E giù una valanga di applausi, richieste di bis, e di nuovo l'Inno nazionale con il pubblico in piedi a cantare a squarciagola «Fratelli d'Italia».


L'esperimento - che ci ha fatto per una volta sognare che anche in Italia non tutto è perduto per la causa della musica insegnata ai ragazzi - riprenderà l'anno prossimo; ma prima, già alla fine di questo giugno, un campus di una settimana per i giovanissimi orchestrali, al quale parteciperanno anche i genitori, in veste di coristi.

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