Comune e Provincia alleati: «Ricostruiremo il campo»

Comune e Provincia non arretrano, «quel campo, distrutto con un blitz inqualificabile, sarà ricostruito». Anzi, sindaco di Milano e presidente della Provincia saranno stamani in quel di Opera: «Insieme ai cittadini per ribadirgli che i rom saranno ospitati “temporaneamente”, che non c’è alcun irregolare e che, noi, Istituzioni, siamo in grado di garantire la sicurezza e di limitare i comprensibili disagi».
Virgolettato che Mariolina Moioli sillaba, quasi a voler segnalare l’impegno messo da Palazzo Marino in quest’operazione. Sforzo che l’assessore alle Politiche sociali declina all’unisono con Filipppo Penati, «sarebbe impensabile non continuare in quel progetto di ospitalità temporanea messo a punto in Prefettura, dove è stato siglato un patto di legalità - i rom rispetteranno tutte le regole sia di legge che di convivenza civile - e dove, tra l’altro, Palazzo Marino e Palazzo Isimbardi hanno dato corpo e sostanza alla concertazione istituzionale». Come dire: «Un gesto di teppismo preordinato, un atto non ascrivibile al cittadino perplesso o timoroso della presenza di rom a due passi da casa, non può fermare la volontà di un’amministrazione pubblica di dare una risposta, una soluzione a un problema».
Messaggio del presidente della Provincia, che l’assessore Moioli completa: «Se qualcuno possiede altre soluzioni, be’ le tiri fuori. Ma, attenzione, non siano quelle del “muro contro muro” né della violenza irresponsabile». Chiaro, l’unica strada percorribile è quella che non sposa l’intolleranza ma il «dialogo» e il «confronto» nel rispetto delle regole. Opzione che, ricordano Comune e Provincia, è stata messa nero su bianco in quel protocollo dove il sindaco di Opera, Alessandro Ramazzotti, mette a disposizione l’area mentre la Provincia la rende abitabile e il Comune la gestisce attraverso la Casa della Carità che già si occupava di questi sessanta e poco più rom sgomberati da via Ripamonti.

Intervento che l’amministrazione pubblica intende quindi proseguire, perché «indietro non si torna» altrimenti «il rischio è quello di sempre, maxi-accampamenti con maxi-disagi» e nessun «coordinamento tra le istituzioni».

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