Cronaca locale

«Per il concerto in Duomo canterò anche in dialetto»

C’è chi è entrato con un suo libro in mano. Chi si è commosso ricordando il suo volto sempre sorridente. Chi ha raccontato di come, attraverso i suoi scritti, abbia scoperto e amato la letteratura americana. Sono stati tanti i milanesi che da ieri mattina fino al tardo pomeriggio hanno voluto rendere omaggio a Fernanda Pivano, recandosi in visita alla camera ardente allestita nella casa di cura Don Leone Porta in via Boscovich, dove la scrittrice è morta due giorni fa. Sul corpo della scrittrice è stata adagiata la traduzione, da lei curata, dell’Antologia di Spoon River, che ha segnato l’inizio della sua carriera e l’ha fatta conoscere al grande pubblico.
Intanto le celebrazioni alla sua memoria si allargano anche al teatro, con lo spettacolo in cartellone al Piccolo Teatro Strehler che andrà in scena il 16 novembre dal titolo La canzone di Nanda. L’opera, scritta da Giulio Casale per la regia di Gabriele Vacis, è liberamente tratta dai Diari 1917-1973, pubblicati da Bompiani, della scrittrice giornalista che per prima fece conoscere al grande pubblico italiano i poeti della Beat generation. La canzone di Nanda alterna a monologhi anche momenti musicali e incursioni nel mondo degli scrittori della Beat generation, movimento artistico, poetico e letterario sviluppatosi negli Stati Uniti dal secondo dopoguerra alla fine degli anni Cinquanta, e che ebbe tra i protagonisti penne cult come Jack Kerouac, Allen Ginsberg, William Burroughs, Gregory Corso, Neal Cassady e altri. Un omaggio, quello che andrà in scena fino al 6 dicembre alla Scatola Magica del Piccolo, sottolineato dal direttore Sergio Escobar che ha voluto ricordare la scrittrice appena scomparsa: «Lo spettacolo sarà il miglior modo per ricordarla, anzi, per festeggiarla, perché lei è viva tra noi con la sua opera. Ricordo con affetto straziante - ha continuato Escobar - un episodio. Avevo 15 o 16 anni e stavo leggendo La luna e i falò sulla terrazza di uno stabilimento balneare in Liguria. Di fianco a me c'era una signora, mi si avvicinò e mi chiese: “Perché leggi Pavese? Sono Fernanda Pivano”. Si fermò a parlarmi di lui per un'ora e mezzo. Dopo tanti anni la ritrovai al Piccolo e le ricordai quell'episodio.

Ma questa è un'altra storia, quella pubblica, dei suoi libri, delle sue traduzioni, dei suoi ideali, e anche della Pivano grande amica del Piccolo Teatro».
RC

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