MilanoAldo Brancher non cera, nellaula del tribunale di Milano, allultima udienza del suo processo. Troppe telecamere in corridoio, troppi flash ad attenderlo. Non cera ad ascoltare il pubblico ministero Eugenio Fusco chiedere per lui due anni di carcere per appropriazione indebita e ricettazione. Non cera ad ascoltare i suoi difensori, Piermaria Corso e Filippo Dinacci, sostenere che questo è un processo senza prove, perché è basato solo sulle parole di Gianpiero Fiorani, lex banchiere rampante della Banca popolare di Lodi: che magari non mente, ma nei suoi anni ruggenti distribuiva quattrini in giro con tale generosità che i suoi ricordi sono imprecisi e inaffidabili. E Brancher non cera, alle sei e mezza di sera, a sentire il giudice Anna Gatto pronunciare la sentenza che chiude, almeno per ora, la sua vicenda processuale.
Per Brancher è una conclusione amara: due anni, la stessa pena che per lui aveva chiesto la Procura. Nonostante lassoluzione per insufficienza di prove da due capi daccusa - due dei passaggi di soldi contanti che Fiorani ha riferito, e che non hanno trovato riscontri sufficienti - la condanna arriva senza sconti. «Ce la vedremo in appello», dicono i suoi legali. Ma la delusione è palpabile. Come è visibile la soddisfazione di Eugenio Fusco, il rappresentante dellaccusa che era consapevole della difficoltà di questo processo.
Brancher paga con una condanna lampo - processo, requisitoria e sentenza in una sola udienza - la scelta compiuta il 16 giugno: quando, sotto la pressione di mezza Italia, Quirinale compreso, si era dimesso davanti al giudice dalla carica di ministro conferitagli appena 17 giorni prima. Con le dimissioni, Brancher si era spogliato dallo scudo offertogli dalla legge sul «legittimo impedimento» dei membri del governo, che gli avrebbe consentito lunghi rinvii delle udienze. Ma la posizione era oggettivamente insostenibile, la nomina a ridosso del processo e la mancanza di chiarezza sulle sue competenze da ministro avevano dato fiato alle tesi di chi sosteneva che il suo ingresso al governo era avvenuto solo per impedire che venisse condannato.
Così, il 16 giugno, caso unico nella storia patria, il ministro presenta le sue dimissioni nelle mani di un magistrato. In contemporanea, fa anche unaltra scelta: quella di chiedere il giudizio abbreviato, che garantisce lo sconto di un terzo della pena. Ma il motivo non è solo limitare i danni: è anche evitare il processo a porte aperte, la sfilata dei testimoni, a partire da quel Fiorani che nelle sue ultime comparsate in tribunale (nei processi Unipol e Antonveneta) si è rivelato un osso duro, un testimone preciso e implacabile. E, soprattutto, Brancher ha evitato lui stesso di venire interrogato, come lo aveva evitato durante le indagini preliminari e anche dopo la loro conclusione, quando la procura gli aveva offerto lultima chance di spiegarsi e discolparsi.
E così la sentenza di ieri condanna lui, Brancher, ma non fa luce su quanto accadde davvero in quei mesi del 2005, quando Fiorani - per salvare la poltrona ad Antonio Fazio, governatore di Bankitalia e tutore della sua scalata ad Antonveneta - elargiva contanti a fette rilevanti del mondo politico.
Condanna lampo per lex ministro Brancher: due anni
Commenti
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.