Dieci anni dopo la tragedia, Hiroshima era ancora avvolta in un silenzio di ghiaccio. Un civile raffreddamento della memoria, in cui le generazioni che avevano visto coi loro occhi, vissuto nella loro carne la grande esplosione non ne tramandavano il ricordo ai figli. Ma uno di questi, Toshio Hosokawa, classe 1955, vocazione compositore, si mise pazientemente alla ricerca, e raccolse, una dopo l'altra, preziose testimonianze di quell'attimo, e dei giorni che lo precedettero e lo seguirono.
Col tempo, le riunì in Voiceless Voice in Hiroshima, canto sospeso che attraversa il dramma come un requiem solenne all'immanità di ciò che è stato. Lo ascolteremo stasera, in prima esecuzione italiana, per il concerto finale, dedicato a Emergency, del 18° Festival di Milano Musica (Sala Verdi del Conservatorio, ore 20.30). A eseguirlo l'Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai diretta da Andrea Pestalozza, e l'Hiroshima Opera Renaissance Chorus, con Christoferus Wood, Beatrice Fasano e Marco Magliocchi voci recitanti. Il lavoro, con testi dal Requiem, lettere da Children of Hiroshima, versi di Paul Celan e due Haiku di Bashô, dura circa 70 minuti e comprende 5 tempi, scritti nellarco di oltre dieci anni, dal 1989 al 2001: Notte, Morte e resurrezione, Voci dinverno, Segnali di primavera, Voci delle campane del tempio, a segnare, idealmente, un cammino verso la speranza e un futuro di pace. Lo precede in scaletta un altro requiem dal Sol Levante, quello per archi di Toru Takemitsu, tra i più grandi compositori nipponici di sempre (e pensare che fu un quasi-autodidatta...), scritto nel 1957. Atmosfere aleatorie, crepuscolari, suoni che emergono da giardini autunnali, la musica di Takemitsu è un ponte fra Oriente e Occidente, estetiche lontane che arrivano a lambirsi. «Desidero svilupparmi in due direzioni: come giapponese seguendo la tradizione, come occidentale seguendo l'innovazione», ha confessato il musicista di Tokyo che piaceva tanto a Stravinsky.
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