Consorte: «Non sono massone» Il pm Toro si dimette da Unicost

Stefano Zurlo

da Milano

Un altro passo indietro. Più politico: il Procuratore aggiunto di Roma Achille Toro lascia la presidenza di Unicost, la corrente moderata e centrista della magistratura italiana. Toro aveva già abbandonato la direzione delle indagini sulle scalate alla Bnl e alla Rcs. Del resto si era trovato al centro di un forse involontario ma imbarazzante cortocircuito: aveva parlato della vicenda Unipol-Bnl con il presidente del tribunale di sorveglianza di Milano Francesco Castellano che aveva girato alcune informazioni riservate proprio al numero uno di Unipol Giovanni Consorte. Ora tutti e tre sono indagati per rivelazione di segreto d’ufficio e dunque Toro, per evitare strumentalizzazioni, ha deciso di farsi da parte.
Una scelta che raccoglie il plauso di Unicost. E che potrebbe favorire un clima migliore, meno teso, in vista del summit di martedì fra i magistrati di Milano e Roma per fare il punto sui diversi filoni dell’indagine. È chiaro che la collaborazione fra le due squadre investigative è possibile solo in una situazione di reciproca fiducia. Toro lancia dunque un segnale che rasserena gli animi mentre voci, veleni, indiscrezioni di ogni genere piovono sull’inchiesta e sui suoi protagonisti. Nel pomeriggio tocca a Consorte smentire quanto ipotizzato da un quotidiano. «Non sono massone, questa è pura fantasia destituita di qualsiasi fondamento», è la frase che il presidente uscente di Unipol affida ai suoi avvocati.
Consorte, insomma, non ci sta a figurare come il regista di un’alleanza trasversale e occulta, una consorteria in realtà indifferente alle logiche politiche ma benedetta da qualche loggia.
Consorte prepara intanto una memoria con cui spera di sgombrare il campo dai sospetti e dalle accuse, pesantissime, contestategli dai Pm. I magistrati milanesi sono scettici sulla sua versione e non ritengono giustificate le superconsulenze da 50 milioni che Consorte e il suo vice Ivano Sacchetti avrebbero svolto per conto del finanziere bresciano Chicco Gnutti. E che Gnutti avrebbe pagato non con fatture canoniche ma attraverso operazioni borsistiche blindate. I tre sono stati iscritti nel registro degli indagati per associazione a delinquere.
Nei giorni del weekend i Pm spengono i motori e si concedono qualche ora di riposo chi al mare chi in montagna. Domani si ricomincia con gli interrogatori che si annunciano ancora lunghi. Fiorani è già stato sentito sei volte, ma il lavoro di scavo è ancora lontano dalla conclusione e l’ex numero uno della Banca popolare italiana si è ormai rassegnato all’idea di trascorrere un lungo periodo a San Vittore. In settimana, poi, i magistrati riceveranno non solo i colleghi provenienti dalla capitale, ma anche gli ispettori del ministero guidati da Arcibaldo Miller. Miller deve portare a termine, su richiesta del guardasigilli Roberto Castelli, una missione delicatissima: verificare, senza provocare polemiche, scintille o fratture istituzionali, un’eventuale responsabilità del Pool per le fughe di notizie di queste settimane. Un compito non semplice.
E l’indagine continua a incrociare anche le mosse dei signori dell’economia. Per esempio dalle parti di Olimpia, la cassaforte che ha il 18 per cento di Telecom e in cui è presente Hopa, la finanziaria fondata da Gnutti. Le disavventure di Gnutti sembravano prefigurare l’uscita di Hopa da Olimpia.

Anche perché Pirelli vuole crescere dentro la società che controlla il colosso telefonico. Ora però si scopre che non è più così sicuro che Hopa voglia farsi da parte; infatti ha già indicato il sostituto di Gnutti nel cda di Olimpia: è Maurizio Dallocchio.

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