
Sere fa, facendo zapping e capitando sulla cerimonia finale del Premio Strega, mi si è imposta una riflessione paradossale ma forse non priva di fondamento. Il rilievo enorme assunto oggi dal Premio Strega, che si è espanso in maniera onnicomprensiva ed è diventato in soldoni l'unico premio letterario italiano che vale la pena vincere, è inversamente proporzionale al rilievo che ha oggi la letteratura nella società. In una realtà appiattita dal dominio assoluto di Tecnica & Economia, con la caduta a picco della cultura umanistica, che voce resta alla letteratura? Non facciamo gli ipocriti. Non resta niente. Calma piatta. Peggio: encefalogramma piatto. Esautorata la critica e la sua funzione fondamentale, in assenza di movimenti letterari e di dure polemiche teoriche, si affermano libri spinti dalle casuali e effimere oscillazioni del mercato. Me la rido pensando a come avrebbe affilato la penna il non mai abbastanza compianto Alberto Arbasino, a come avrebbe ricamato ironicamente sulla fortuna che ha sottratto all'onesta professione di dentista in un paesello come Penne Donatella di Pietrantonio e l'ha portata alla ribalta sino a farle dichiarare impunemente in una intervista che un libro sopravvalutato è la Bibbia. O a come avrebbe giudicato lo snobismo sgomitante e di seconda fila di Andrea Bajani, e il suo ruffianesco predicozzo sul patriarcato. Oggi il conformismo generale prende tutto per buono. Tanto niente conta, niente incide davvero sul tessuto sociale e sulle idee di mondo. Si è discusso del rapporto del ministro della Cultura con lo Strega. Ma io capisco Alessandro Giuli. Avrà pensato: perché devo andare a farmi prendere per il culo, quando a Franceschini, scrittore mediocre ma grande amico degli amici, tutti correvano in stormo a baciarglielo? Il rapporto tra letteratura e politica oggi va oltre gli schieramenti di destra e sinistra. Oggi si tratta piuttosto di uno scontro di carattere spirituale. Nessuno sembra accorgersene, ma agiscono oggi in Italia forze che esprimono una avversione bestiale contro tutto ciò che è metafisico, simbolico, fantastico. Forze negatrici dell'utopia, del sogno, dell'avventura spirituale, del futuro. Forze abbarbicate al corpo, all'ego privo di anima, a un familismo perverso, a tutto ciò che è disturbo, devianza, emarginazione, disagio mentale. Così la letteratura si confina in un ghetto, in un mondo che la ignora finisce per ignorare se stessa e il suo compito. Che è quello di aprire il grande libro della vita, delle passioni, dei sogni, di dare un senso alle nostre esistenze individuali e all'esistenza del cosmo. Di reagire alla barbarie, di difendere strenuamente l'umano. Per scansare equivoci: sono un Amico della Domenica, dal 1987. Sono stato in cinquina con La casa delle onde nel 2005. Quest'anno ho votato Nori, letto con curiosità Rasy.
Nondimeno, so benissimo che il destino della letteratura, oggi al suo minimo storico di importanza, passa per altre strade: la riscoperta della tradizione, la fuga dal nichilismo, il furore di uno spirito libero e ribelle.