Roma - È un attacco senza mediazioni quello che il vicepremier Massimo D’Alema rivolge alla magistratura nel corso di una sua intervista al Tg5 sul caso Unipol. «Io sono rimasto colpito per lo spettacolo di questi avvocati che vanno e ricopiano le frasi e vanno su e giù per le scale per portare al giornalista le frasette... È uno spettacolo indecente, una specie di suk arabo e questo è un reato. Per un moralista cominciare a fare la morale agli altri commettendo un reato non è granché, è uno spettacolo indecente ed è avvenuto sotto lo sguardo trascurato della magistratura». E aggiunge: «È un reato e in Italia c’è l’obbligatorietà dell’azione penale. Mi aspetto che qualcuno venga perseguito»
Parla di «attacco sgangherato e immotivato» e di «arrogante illegalità dell’uso illegittimo di materiali riservati o di indagini illegali» e una delle poche frasi positive è rivolta al leader di Forza Italia e alla Cdl: «Ho sentito da Berlusconi, Fini, Casini e altri, parole molto misurate e questo è sicuramente apprezzabile. D’altro canto, in altre circostanze di uso scorretto di intercettazioni, anche io stesso avevo già preso specularmente posizioni analoghe. Del resto questo episodio non tocca soltanto noi ma anche diverse personalità del centrodestra». D’Alema apprezza anche la solidarietà di Romano Prodi e puntualizza: «Prodi ha usato parole chiare, ma il grado di solidarietà è anche legato al rilievo dell’attacco: trovo che questo attacco sia così sgangherato e così immotivato che, in fondo, non richiede neppure grande solidarietà». E aggiunge: «Ma forse una certa preoccupazione sì» sottolineando che se il politico commette reati «deve essere perseguito come un cittadino comune, con in più l’onta perché ha una responsabilità in più. Ma se il politico non commette reato perché deve essere perseguitato? Non solo non c’è reato, ma non trovo nemmeno niente di moralmente sconveniente». Entra nel merito delle intercettazioni del caso Unipol e ribadisce: «Questo attacco si basa sul nulla e questa è la cosa più impressionante. Mi vedo processato per avere fatto una battuta, con ogni evidenza... Io non lo dico neanche allo stadio “facci sognare” (la frase detta a Consorte che comunicava l’acquisizione della Bnl, ndr)... Era una cosa ironica, diciamo quasi sarcastica. Questo è il crimine? Cioè, questo è il tema che occupa i giornali e per cui viene messa sotto accusa la classe dirigente? È un’indecenza».
I primi a rispondere alle accuse di D’Alema sono i magistrati milanesi. Il presidente della Corte d’appello, Giuseppe Grechi, precisa che «tutte le cautele che potevamo prendere per evitare la diffusione delle intercettazioni, le abbiamo prese basandoci su un rigido protocollo stilato dal gip Clementina Forleo», e risponde anche a proposito dello «sguardo trascurato della magistratura: «Il termine magistratura è molto vago». Il presidente Grechi ha anche annunziato che con il procuratore generale Mario Blandini dovrà verificare se «le cautele poste in opera siano state osservate e se nonostante questo è uscito qualcosa in quella sede, cioè dalla stanza numero 9 dove è avvenuta la consultazione degli avvocati». «Io devo accertare solo quello che è accaduto nell’ufficio gip - ha proseguito Grechi - mentre tocca eventualmente alla Procura accertare quello che è accaduto nella fase in cui gli atti sono passati dalla Procura al gip».
Al vicepremier replicano con durezza gli avvocati.
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