Al grido di «Salviamo Venezia!» se ne sono dette (e fatte) di tutti i colori. Non a caso uno dei temi su cui il fondamentalismo catastrofista si è esercitato con maggiore insistenza è proprio quello della «fine della Serenissima». Unipotetica estinzione per «inabissamento» mai avvalorata da nessuno scienziato ma sempre evocata come qualsiasi leggenda metropolitana che si rispetti.
«Fra pochi anni Venezia non ci sarà più», sentenziava sicuro il Wwf nel 1993. Sono trascorsi 15 anni e Venezia è ancora (se pur con qualche acciacco) viva e vegeta. In compenso, per la Serenissima, sono state approvate in 30 anni oltre 10 leggi speciali, sono stati istituiti comitati e sono state formulate proposte di ogni genere, compresa quella dellimpermeabile su piazza San Marco e dei palloncini per sollevare il Canal Grande.
In realtà Venezia è diventata una specie di gallina dalle uova doro per recuperare finanziamenti per ricerche e progetti di tutela e salvaguardia che però tutelano e salvaguardano poco o nulla. Ma comunque, se proprio va male e non arrivano i soldi, almeno ci si è assicurati un po di pubblicità gratis. Gli esempi non mancano, e spesso portano anche la firma di prestigiose università come quella che ha proposto le «iniezioni dacqua» per alzare la città di 30 centimetri.
Tra le altre proposte bizzarre che si proponevano di fugare il rischio-affondamento di Venezia, quella di affondare petroliere in disuso o eliminare lintero Alto Adriatico con una diga tra Chioggia e lIstria.
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