Coro di critiche: sentenza aberrante «Ma si può neutralizzare: ecco come»

Livia Pomodoro: il Tribunale dei Minori di Genova può prendere un provvedimento che aggiri questa decisione. La Sotgiu: non chiamatela mamma

Enza Cusmai

Nessuno sta dalla parte della terza sezione penale della Cassazione. Nessuno si sente di accettare una sentenza che riaffida alle cure di una madre sciagurata una ragazzina vittima di violenze di ogni genere. Quella potestà genitoriale va tolta ad ogni costo, dicono in coro gli esperti, con o senza il consenso della Suprema corte.
Ma com’è possibile aggirare questo imponente ostacolo giuridico? «Sarà il tribunale dei minori di Genova a provvedere alla tutela di questa ragazzina che deve impedire ogni contatto con quella donna. La giovane si trova in stato di grave pregiudizio» commenta il presidente del Tribunale dei minori di Milano, Livia Pomodoro. E la sentenza della Cassazione, dunque, si può aggirare? «Questa decisione può essere anche tecnicamente perfetta sul piano della legittimità ma quello che conta è la sostanza. E nella sostanza i giudici supremi hanno rilegittimato una madre che ha dimostrato nei fatti di non avere alcuna capacità educativa. In pratica - precisa il magistrato - un genitore non deve solo educare ma ha il compito di fare tutto il possibile per impedire che altri compiano atti che danneggiano il minore». Poi l’affondo della Pomodoro ai giudici. «Ciò che colpisce di questa sentenza è l’insensibilità al dramma di un minore. Ci si è dimenticati di considerare che la potestà genitoriale è un diritto-dovere del genitore, che deve evitare propri comportamenti delittuosi ma anche impedire che altri ne commettano a spese del minore».
La voce di Livia Pomodoro non è affatto isolata. Anche Fabio Roia, magistrato esperto in reati di violenza sui minori, la pensa allo stesso modo. «È importante che ci sia un intervento tempestivo del tribunale dei minori sul piano civile che intervenga per tutelare la ragazza e decidere autonomamente sull’inadeguatezza della donna a svolgere il ruolo genitoriale. E questo si può fare a prescindere dal discorso sulla pena accessoria fatta dalla Cassazione». Roia non lesina critiche ai giudici supremi. «La conclusione della Corte di riaffidare la tutela alla madre mi sorprende anche perché la giurisprudenza di merito, in caso di abuso della potestà genitoriale in relazione alla violenza sessuale, ne ha sempre, e da anni, applicato la decadenza».
Più dura verso i colleghi Simonetta Sotgiu, consigliere di Cassazione da oltre venti anni. «Ma come si fa a mantenere in piedi la potestà genitoriale ad una madre di questo tipo? Non ha senso la distinzione che si continua a fare sull'età. Il magistrato riflette ancora: «Che i figli abbiano 14 o 10 anni non fa alcuna differenza quando diventano oggetto di violenze. Si deve ragionare sulla base dei fatti. E, soprattutto, le decisioni vengano prese anche con un po’ di buon senso. A quelle età i figli sono ancora dei bambini: un po’ di sensibilità».
La sentenza solleva anche l'indignazione di un penalista come Franco Coppi, lo storico difensore di Giulio Andreotti. «Un’interpretazione più illuminata della norma avrebbe dovuto punire più severamente la donna che ha consentito che la figlia subisse violenze, togliendole la patria potestà». Coppi aggiunge: «La Suprema Corte doveva assumere una decisione più coraggiosa: quella madre è come se avesse violentato lei stessa la figlia. Francamente questa soluzione stride con ogni buon senso di giustizia». Il noto penalista, analizzando la motivazione della sentenza, annota come «la donna, sfruttando l'ascendente di madre sulla figlia, ha concorso pienamente nella commissione del reato e del resto è stata condannata a cinque anni per violenza sessuale con tanto di circostanze aggravanti».

A questo punto, dice Coppi, «è auspicabile che si vada davanti alle Sezioni Unite della Cassazione. Serve una interpretazione più aderente alla realtà perché una madre che consente simili violenze sulla figlia non ha diritto di correzione».

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