Politica

Il «Corriere» perdona Fassino ma attacca «Il Giornale»

Assemblea in via Solferino sulle accuse del leader Ds. La redazione vota un documento

Adalberto Signore

da Roma

Ieri pomeriggio la Sala Albertini di via Solferino era piena come non accadeva da tempo. All’ordine del giorno dell’assemblea dei giornalisti del Corriere della Sera le solite questioni organizzative (rimborsi spese e simili), ma pure una postilla dell’ultim’ora: «Caso Fassino, le strumentalizzazioni giornalistiche e politiche e la difesa della dignità morale e professionale». Insomma, anche se con 48 ore di ritardo, le accuse lanciate dal segretario Ds al Corriere e al suo direttore Paolo Mieli diventano ufficialmente argomento di dibattito. Di fatto se ne è iniziato a discutere già mercoledì sera, quando sul volo che lo portava a Londra per un incontro con i leader socialisti europei Fassino dava vita al suo imprevedibile sfogo: il Corriere «ce l’ha con noi e scrive cose non veritiere», «vuole destrutturare i Ds» e se Mieli «vuol far politica» che presenti «una sua lista». Un j’accuse che inizialmente infastidisce soprattutto via Solferino e lascia invece più fredda la redazione romana. Colpa di «un fraintendimento», spiega una giornalista di via Tomacelli, perché «i colleghi di Milano erano convinti che ci fosse stata un’aggressione verbale di Fassino verso la cronista del Corriere che era sull’aereo, cosa che invece non è affatto avvenuta».
Così, nell’assemblea gli animi sono distesi, al punto che - spiega Gabriele Dossena, componente del Cdr - «le stesse colleghe citate da Fassino hanno chiesto di non farlo diventare un caso». «Insomma - aggiunge - sappiamo tutti, soprattutto chi segue la politica e la giudiziaria, che esistono delle regole non scritte che fanno parte del gioco. E che un giorno ti critica uno e un giorno un altro». E così, nel corso dell’assemblea, viene ricordato il duro attacco di Massimo D’Alema all’allora direttore Ferruccio De Bortoli, ma pure gli anni degli strali di Umberto Bossi e Roberto Maroni «che da mesi non ci parla». Un concetto che emerge chiaramente dal comunicato del Comitato di redazione: «Lo stesso giorno in cui Fassino formulava le sue dichiarazioni, il giornale è stato attaccato da Stefania Craxi in quanto “organo ufficiale di Prodi e dei suoi alleati” e dal gruppo Mediaset per lo scrupoloso lavoro dei suoi redattori a proposito di un’inchiesta giudiziaria».
Quello che al Corriere non hanno gradito in molti, invece, è il ruolo di «alcuni organi di stampa» che avrebbero rilanciato «con troppa enfasi la notizia». E cioè il Giornale. «Due aperture di prima pagina in due giorni - dice Dossena - sono sembrate un po’ eccessive, forzate. E in molti abbiamo avuto l’impressione che fossero imposte dall’alto, manovrate con qualche fine. Almeno, così la pensiamo noi che siamo addetti ai lavori. Poi, magari, ha ragione il Giornale a seguire quella linea perché i suoi lettori sono interessati proprio a certe notizie». Qualche critica anche per l’Associazione stampa parlamentare, l’unica a intervenire formalmente sulla vicenda. Anche questo un comportamento considerato «eccessivo» da molti dei presenti all’assemblea del Corriere. Non è un caso che il comunicato del Cdr sottolinei che la querelle è stata «sviluppata su alcuni organi di stampa e in un comunicato dell’Asp». Per poi stigmatizzare «qualsiasi tipo di attacco da qualsiasi parte provenga: sia da politici sia da quei giornali che peraltro si distinguono schierandosi con gli editori nella dura vertenza per il rinnovo del contratto di lavoro» (eloquente il riferimento a il Giornale).
Il Comitato di redazione del Corriere, quindi, chiede di incontrare «il direttore responsabile per essere informato e discutere su come intenda tutelare, per quanto attiene alla responsabilità che gli compete, accanto e insieme a quella del Cdr e della redazione, sia la completezza, correttezza e imparzialità dell’informazione sia l’autonomia e l’indipendenza del Corriere della Sera da ogni potere esterno».

Un incontro in programma la prossima settimana e nel quale il Cdr non potrà che trovare il conforto di Mieli che a chi lo conosce bene ha detto di essere rimasto «molto sorpreso» dall’attacco di Fassino.

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