Corso Buenos Aires, barricate contro le slot

Al civico 36 raccolta di firme per bloccare la sala giochi. I condomini esasperati: "Siamo circondati da cinema hard, teatrino erotico e hot club. E ora anche i videopoker sotto casa. Portano delinquenza e caos". Ma l’amministrazione non può fermare l’invasione

Benvenuti nella galleria dell’hard. Qui trovate di tutto. Cinema porno, teatrino erotico, hot club. E se l’eros non vi appaga abbastanza, presto potreste trovare un’alternativa valida: la sala giochi piena zeppa di slot machine e video poker.
Sì, proprio una di quelle 60 che i cinesi vogliono aprire in città. E che il Comune, pur non essendo d’accordo, dovrà gioco forza autorizzare, a meno di clamorose sorprese.
Proprio da questa Amsterdam in miniatura con un tocco di Las Vegas, parte la rivolta dei cittadini contro le sale giochi. Ma qui non siamo in Olanda e nemmeno negli Stati Uniti. Siamo a Milano, in corso Buenos Aires 36, a un tiro di schioppo dal centro. E la galleria in questione è abitata da condomini stufi di sopportare. «Qui è già uno schifo. Figuriamoci se ci aprono pure la sala giochi a fianco», dice secco il custode dello stabile, Domenico Martini. Lui è uno dei portavoce della rabbia dei residenti.
Eppure il suo incubo potrebbe diventare realtà. La richiesta d’apertura del locale, in sostituzione di un centro estetico, ha già superato il vaglio della direzione del Settore commercio, mentre attende ancora una risposta definitiva dalla vigilanza. Il parere dei ghisa, esclusivamente tecnico, è stato prima negativo, per poi sorprendentemente cambiare in positivo. Ma Damiano Zampinetti, commissario capo del Comando di zona 3, chiarisce come «non sia stato emesso ancora un giudizio definitivo» e come «tutto sia ancora da decidere».
Chi ha preso già posizione sul caso è Pietro Viola, presidente del Consiglio di zona 3, di Alleanza nazionale. «Il nostro parere è e sarà sempre negativo. I miei cittadini non gradiscono la presenza di questi locali. E politicamente sono chiamato a garantire valori etici incompatibili con questo genere di attività». Peccato però che il parere dei consigli di zona non sia vincolante e che in sede di ricorso al Comune chi voglia aprire una sala giochi l’ha quasi sempre vinta.
Torniamo in galleria. La (residua) clientela del cinema Astor è già in fila. Sono perlopiù anziani, uomini soli. «Ma dentro hanno di che divertirsi. E non solo con i film porno», fanno sapere dallo Studio Brancati, che amministra il condominio e che ha spedito una lettera al direttore del Settore commercio Giuseppe Pannuti, con tanto di raccolta di firme dei residenti, contro l’apertura della sala giochi. L’allusione è al viavai di transessuali e romeni nei pressi della sala di proiezione. «Abbiamo fatto già due denunce. Tutti sanno cosa avviene là dentro». Le verifiche degli organi di polizia, però, non hanno registrato nulla di irregolare all’interno del cinema. Gli unici gemiti, pare, sono quelli provenienti dal grande schermo. Resta comunque la presenza ingombrante di soggetti poco graditi proprio sotto il portone di casa. Per non parlare del movimento notturno, tra clienti del Teatrino (il cui ingresso è però da via Redi) e dell’hot club «Lilì la Tigresse», il primo a importare la lap dance in Italia, all’angolo con via Broggi. «Con la sala giochi sarà ancora peggio. Si sa che gentaglia va in certi locali. Basta vedere al tabaccaio all’angolo: da quando hanno messo quelle macchinette ci sono solo romeni. Stanno là ore e ore», dice il custode.
«Non è possibile che un palazzo d’interesse architettonico come il nostro, progettato da Piero Bottoni, sia lasciato degradare in questo modo. Già così è invivibile, immaginiamo con la sala giochi che porta ulteriore chiasso, traffico e caos», continuano dallo studio d’amministrazione. «Il Teatrino, il cinema, il night qui. A poche decine di metri un bar dove bivaccano romeni e slavi tutto il santo giorno e un’agenzia ippica. È il caso di portarci altra brutta gente davanti a casa?», chiede Martini. La preoccupazione dei condomini è però anche di natura economica.

Si teme infatti che il valore degli immobili crolli verticalmente in futuro, qualora la zona continuasse a ospitare attività poco edificanti. E pensare che a Bottoni sono state dedicate anche intere tesi di laurea e un liceo. Povero architetto, si starà rivoltando nella tomba.

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