Alla Corte di Giustizia Europea la verità sul caso Stanleybet

Alla Corte di Giustizia Europea la verità sul caso Stanleybet

In attesa che la Corte di Giustizia Europea si pronunci (su istanza, tra l’altro, della Corte di Cassazione e del Consiglio di Stato) in modo esaustivo sulla libertà di stabilimento dei bookmaker negli Stati membri, con particolare riguardo a quelli in regime concessorio, larga parte della magistratura italiana ha assolto alcuni titolari di Ctd che raccoglievano scommesse sportive per conto dell’operatore inglese Stanleybet e dissequestrato i loro negozi. Le sentenze si rifanno in particolare a due aspetti: da un lato l’impossibilità per la società Stanley di partecipare ai bandi di gara, dall’altro la libertà di stabilimento pronunciata più volte in sede comunitaria.
Nel settembre 2009 il giudice Luigi Dainotti del Tribunale Ordinario di Trieste s’è così espresso sul caso che ha riguardato Bruno Della Toffola: «È vero che il legislatore italiano, prima con la legge finanziaria 289/2002 e poi con il Decreto Bersani del 2006 ha ammesso che alle procedure concorrenziali possano partecipare anche le società estere con azionariato aperto, tuttavia di fatto - in ragione della data di assegnazione delle vecchie concessioni, della loro durata, del loro automatico rinnovo, della loro mancata revoca, nonché delle clausole e delle prescrizioni contenute nei bandi 2006 - gli operatori esteri, che non avevano potuto partecipare alle gare per l’assegnazione delle concessioni, si troveranno ancora esclusi in concreto dal mercato italiano, in virtù di norme ingiustificatamente discriminatorie e per nulla riconducibili a quelle ragioni di ordine o sicurezza pubblica o di tutela dei consumatori, che sole giustificano per la normativa comunitaria l’apposizione di restrizioni da parte dei singoli Stati». Più avanti il giudice descrive i punti di discriminazione: «1) imposizione di dismettere la propria rete di Ctd, quindi impossibilità giuridica di conservare la preesistente rete commerciale, con ciò perpetuando gli effetti illegittimi del bando del 1999; 2) imposizione di mutare la composizione del proprio consiglio d’amministrazione, sostituendo gli amministratori sottoposti a procedimenti penali proprio in relazione all’attività di accettazione e raccolta scommesse; 3) imposizione delle garanzie previste a copertura degli obblighi di concessione, che nessun istituto di credito avrebbe potuto concedere; 4) ingiustificate misure a protezione dei vecchi concessionari del 2000, che avevano ottenuto le concessioni previa illegittima esclusione degli operatori esteri tra cui Stanley; 5) imposizione di limitazioni al palinsesto di offerta...». Di qui l’assoluzione perché il fatto non sussiste. In altro procedimento del marzo 2011, il giudice Michele Guarini del Tribunale di Lecce, in merito a un procedimento riguardante Cosimo Politi rileva che né l’imputato né la moglie Daniela Taurini si erano sottratti ai controlli di pubblica sicurezza al fine di ottenere la licenza di Polizia. E aggiunge: «Detta licenza è stata però negata (dal Questore di Lecce, ndr) per motivi diversi da quelli riconosciuti meritevoli di tutela e cioè quelli concernenti l’ordine e la sicurezza pubblica... La licenza di Polizia è stata negata solo perché Stanley non risultava assegnataria delle concessioni». E, anche in questo caso, l’assoluzione prende le mosse dall’insussistenza del reato ascritto. Per analoghi motivi (impossibilità di partecipare ai bandi e conseguentemente di ottenere la licenza di Pubblica Sicurezza) il Giudice della II Sezione Penale del Tribunale di Roma, Carlo Sabatini ha assolto nel febbraio di quest’anno Manuel Cignetti dall’accusa di raccogliere scommesse per conto di Stanleybet senza avere la concessione. Dell’operatore inglese, con sede a Liverpool, scrive: «... si tratta di soggetto geneticamente discriminato nella fase introduttiva della procedura concorsuale, alla quale avrebbe potuto partecipare solo abbandonando ogni eventuale contenzioso sul pregresso (non si comprende bene rispetto alla pendenza di procedimenti penali anche cautelari, evidentemente non rinunciabili) e con la prospettiva di dover abbandonare l’esercizio dell’attività transfrontaliera esistente». Il Tribunale di Roma precisa che, pur essendo «consapevole che, appunto, la S.C. ha ritenuto di dovere sollevare questione pregiudiziale, ai sensi dell’art. 234 Trattato CE,... la soluzione - in termini di disapplicabilità della normativa nazionale - potrebbe forse già ricavarsi dalle pronunce precedenti della Corte di Giustizia, preso atto che i citati limiti sono posti a tutela di situazioni “monopolistiche” createsi in esito a procedura già ritenuta illegittima dalla Corte, e che le preclusioni introdotte (la distanza degli esercizi esistenti; l’automatica decadenza in caso di concomitante gestione di analoga attività transfrontaliera; la preclusione a partecipare a chi avesse “controversie giudiziarie” pendenti nei confronti dell’AAMS) non sembrano correlabili ai principi d’interesse generale ...

In definitiva, anche il Decreto Bersani finisce per protrarre - sino a tutto l’anno 2011, con previsione temporale che accentua il carattere di norma tampone di tipo protezionistico - la situazione anteatta, di ingiustificata discriminazione nell’ingresso nel mercato di nuovi operatori, dunque alla libertà di stabilimento menzionata: illegittimità che è dunque complessiva di un sistema amministrativo, e che consente al presente giudice di disapplicare direttamente la norma incriminatrice che promana dalla violazione della procedura amministrativa».

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