Oggi è la giornata mondiale dellAlzheimer. Orso Bugiani, già direttore scientifico dellIstituto Besta, è da sempre uno dei neurologi italiani più impegnati nella lotta contro questa terribile malattia, che affligge oggi quasi 40 milioni di persone in tutto il mondo, e secondo le previsioni dellOrganizzazione mondiale della sanità, potrebbe colpirne altri trenta milioni nel giro dei prossimi vent'anni.
Professore, è vero che lassistenza privata ai malati di Alzheimer è in pericolo?
«Purtroppo sì. Tutte le fondazioni che si occupano di malati gravi sono in difficoltà, con le conseguenze sociali che tutti possono immaginare. La crisi economica sta prosciugando le fonti di finanziamento che sono su base spontanea».
Come si finanziano queste fondazioni, e perché dovrebbero risentire della congiuntura negativa?
«Le fondazioni si basano sul reddito di un patrimonio - mobiliare o immobiliare - accantonato allo scopo dai loro fondatori. Se la fondazione è mobiliare, risente del crollo dei mercati. Se è immobiliare, come nel caso della Sofia Ravasi, della difficoltà di mantenere i vecchi affittuari e trovarne di nuovi».
In che cosa consiste il Progetto Alzheimer da lei curato, e perché teme che possa essere ridimensionato?
«È un progetto specifico allinterno della fondazione che Livio Garzanti ha voluto nel 2006 e che ha intitolato alla madre Sofia Ravasi, e ha la doppia funzione di contribuire allassistenza domiciliare continuativa dei pazienti con demenza grave e di promuovere la qualificazione professionale e linserimento sociale dei badanti, che sono ormai una componente essenziale della nostra società. A regime, ci proponiamo di assistere complessivamente 60 famiglie, a un costo annuale di 14mila euro per famiglia, irrisorio in confronto ai 60mila che la cura di ognuno di questi malati costerebbe alla sanità pubblica. Ma, naturalmente, bisogna che i soldi continuino ad arrivare».
Come può una famiglia indigente con un malato così grave, ottenere questo aiuto?
«Deve fare domanda alla fondazione (che ha un sito web), dimostrando con la dichiarazione Isee di avere un reddito inferiore ai 15mila euro l'anno e di avere assoluta necessità di uno o di una badante. Una necessità derivante anche dal fatto che provvedere a un malato di Alzheimer costa molto caro sul piano psicologico, tantè vero che il 40-75 di chi lo fa finisce col soffrire a sua volta di disturbi psicologici».
In che cosa consiste, praticamente, il vostro contributo?
«Copriamo la differenza tra il costo lordo del salario minimo sindacale del badante - inclusi contributi Inps, 13esima e Tfr - e l'assegno di accompagnamento percepito dal malato. Ma forniamo anche consulenza psicologica, assistenza legale finalizzata alla nomina dellamministratore di sostegno e assistenza amministrativa e fiscale tramite il patronato. Cerchiamo cioè in tutti i modi di rendere l'esistenza delle famiglie colpite da questa calamità (e anche quella dei badanti) più sopportabile, usando all'occorrenza anche la collaborazione della Associazione Medici Volontari italiani».
Tutto questo ora potrebbe diventare impraticabile?
«Per fortuna, non immediatamente. Per ora i fondi arrivano e coprono le spese.
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