Così gli artigiani riprendono a investire. E ad assumere

Sono da sempre lo «zoccolo duro» del sistema imprenditoriale dell’Italia. E non si stanno smentendo neanche questa volta, per quanto dura e difficile sia l’uscita dal tunnel della crisi economica globale. Sì, perché le imprese artigiane, soprattutto quelle più piccole e versatili, capaci cioè di adattare la loro produzione alle nuove esigenze del mercato, hanno ripreso ad investire: in modo più consistente nelle aree dove da sempre sono maggiormente radicate, quali il Nordest e la Toscana; più moderatamente nel resto del territorio.
A gettare uno squarcio di luce nel quadro fosco dello stato di salute dell’economia è l’ultimo «Diario dell’inverno di crisi» del Censis, che segnala appunto, in positivo, l’anomalia del sistema artigianato, a fronte di altri settori produttivi che invece annaspano nel disperato tentativo di non soccombere. Un’anomalia, quella dell’artigianato, che ha effetti benefici anche sul fronte del lavoro - sono circa 100mila le persone che cercano attivamente un lavoro cercando di captare l’offerta di quel 5 per cento di imprese che assume - e che vede pure un co-protagonista inaspettato: gli enti locali, capaci di concentrare le risorse disponibili e di convogliare gli aiuti alle imprese che possono arrivare dalla finanza locale.
La fotografia di questa «Italia che si muove», così la definisce il report del Censis, è data dalle cifre. «In questi ultimi mesi – rileva il «Diario» del secondo bimestre del 2009, relativo a marzo e aprile – in alcune delle aree in cui sono tradizionalmente più radicate, le imprese artigiane hanno ricominciato ad investire, come in Toscana (più 28 per cento rispetto ai due mesi precedenti) e nelle Marche (più 30 per cento), mentre regge abbastanza bene il Veneto, che mostra sì un dato negativo – meno otto per cento rispetto a gennaio-febbraio 2009 – ma con volumi sempre più sostenuti (più di 38 milioni di euro di agevolazioni richieste in soli due mesi)». Il report del Censis, che si basa sui dati forniti da Artigiancassa, analizza la variazione in percentuale del volume di richieste di agevolazioni per investimenti fatto dalle singole regioni. Roccaforte dell’artigianato italiano si conferma il centro, che infatti registra globalmente un più 18 per cento; ancora segni negativi per il Nord - meno 12 per cento - e per il Sud, che registra un meno 14 per cento. Proprio al Nord, però, anzi nel Nordest, si registra la «migliore reattività», con un più sei per cento di imprenditori pronti ad assumere. E in Brianza (più 1,2%) e a Prato (più 1,6%) il tasso di sviluppo delle imprese è in pur lieve crescita.
Quale il segreto del settore artigiano? Secondo il Censis è «l’elasticità», alias la capacità di adeguarsi al cambiamento, diversificando produzione e mercati. «Dopo la logica della nicchia – rileva il report – quello che premia è la versatilità.

Chi rimane “rannicchiato”, aspettando che la crisi passi, rischia di ritrovarsi poi spiazzato». Player inaspettati di questo circolo virtuoso sono gli enti locali, capaci di portare avanti i necessari interventi mirati.

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