«Così ho illuminato l’Italia sepolta dal buio dei rifiuti»

L’autore racconta la sua ultima performance: «Mi hanno aiutato due sponsor. D’altronde anche Michelangelo aveva Giulio II»

da Roma

Per giorni, malgrado molti sapessero che preparava «qualcosa», non aveva rivelato nessuna carta, mantenendo una impenetrabile cortina di silenzio sulla sua nuova, imminente «performance». Ieri sera, invece, aveva mandato un messaggino di testo sul telefonino ai giornalisti che lo avevano seguito in passato, enigmatico ma nemmeno troppo: «Domani, 8.30, piazza di Spagna, Azione futurista». Lui era già lì dalla notte prima. Quando poi ho raggiunto Graziano Cecchini, nelle primissime ore della mattina, l’ho trovato in un bar di Trinità de’ Monti che sorseggiava tranquillo un caffè. Aveva calcolato quasi tutto, compreso il fatto di essere «fermato». Ma pensava di essere rilasciato nel pomeriggio, e ancora non sapeva che lo avrebbero messo dentro con una accusa molto più grave di quella che immaginava lui. Però anche stavolta, come ai tempi della Fontana di Trevi, la sua provocazione è chiara.
Cecchini, quando domani (oggi, ndr) la gente leggerà di questa ultima performance cosa dovrà pensare di lei?
«Quello che vuole. Non intendo l’arte come forma di autopromozione, ma come espressione e comunicazione. Se le va, persino poesia».
Però, al contrario del rosso Trevi, in cui lei agì solo, stavolta c’è uno «sponsor». Questo cambia qualcosa?
«Se è per questo gli sponsor sono anche due. Ma persino Michelangelo senza Giulio II non avrebbe combinato un tubo. Anche il Rinascimento senza i Medici...».
Non esageri...
«E perché? Quel che conta e che non ho avuto vincoli o condizioni. Ho pensato l’azione in assoluta autonomia, come un’altra opera d’arte. Che era molto cara».
Quanto hanno messo gli sponsor?
«Più o meno 25mila euro».
Addirittura?
«Ehhh! Non è stato un gioco: 10 camion, 500mila palline colorate.... Ha idea di quel che ci vuole a metterla su, questa impresa?».
Se è per questo vedo anche trenta persone impegnate...
«Nonnò...».
Come no? Non sono qui al suo fianco?
«Per tutte le eventuali conseguenze c’è un unico responsabile, il sottoscritto».
Non vuol mettere a repentaglio i suoi «complici»?
«No, sono dei ragazzi che... Sono qui per caso. Per me l’onore e la lealtà contano qualcosa».
Teme che stavolta la mettano in gattabuia?
«No. Codice alla mano, è difficile giudicarmi per qualunque reato superiore all’imbrattamento».
Ovvero una multa?
«E io, come voi sapete bene, sono disoccupato e nullatenente. Quindi...».
L’altra volta la Fontana di Trevi diventò rossa per protesta contro gli sprechi della festa del cinema e i guasti della precarietà...
«Siccome questa è una forma d’arte, e non di propaganda, ognuno può trovare in questo passaggio dal Rosso Trevi alla Quadricromia quello che crede. Però...».
Però?
«Una bella cascata di colori vuole illuminare questa Italia che oggi sembra sepolta nella cupezza e nelle tinte lugubri delle cataste di rifiuti che ammorbano l’Italia».
La Campania?
«Non solo. Vede quel cestino sulla piazza? Sono qui da stanotte. L’hanno svuotato tre volte. Secondo lei quante volte ci vanno in periferia?».
Il volantino di rivedicazione è «marinettiano»?
«Volutamente. E c’è pure una frase che dovrebbe far riflettere: Noi siam da tempo calpesi e derisi, perché non abbiamo governi decisi».
Ce l’ha con Prodi o con Bassolino?
«Con tutti quelli che per non scegliere ci hanno portato dove ci troviamo oggi».
Decidere su cosa?
«Magari anche solo un inceneritore. In tutte le capitali europee - da Vienna a Berlino - ci sono termovalorizzatori in mezzo alle città, che inquinano molto meno delle cataste di rifiuti».
Che c’è, adesso si prepara alla candidatura?
«Al contrario. Ho rifiutato diverse offerte. Non cerco posti, ma l’arte per me ha una finalità sociale».


Lei si è arricchito?
«Ah, ah, ah... Devo ringraziare il mio avvocato, Antonio Pompò, un eroe che continua a difendermi gratis».
Questa azione è l’ultima?
«Macché ultima e ultima! La prossima volta ce ne andiamo a Parigi».

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