«Così ho liberato Clementina Cantoni»

Il nipote dell’ex re afghano: «I banditi mi hanno offerto il tè, poi abbiamo parlato»

Giannino della Frattina

nostro inviato a Kabul

Ha il volto antico di un principe afghano l’uomo che liberò Clementina Cantoni, la cooperatrice milanese rapita dai banditi a Kabul e rilasciata dopo quasi un mese di prigionia. Lei l’Ambrogino d’oro lo ha appena ricevuto, lui lo riceverà a febbraio, quando verrà in Italia per un viaggio. A Milano lo ha invitato il sindaco Gabriele Albertini durante un incontro a Kabul. Ospite l’ambasciatore italiano in Afghanistan Ettore Francesco Sequi, anche lui un protagonista della vicenda.
Il principe Mostapha Zaher veste un elegantissimo abito tradizionale su cui indossa una giacca scura. L’effetto è da sfilata d’alta moda. Fiero ma discreto confida ad Albertini particolari inquietanti. Come quando, nel covo dei rapitori, scoprì di avere una selva di fucili puntata addosso. Non si perse d’animo e sollevò il Corano sulla testa. Al fianco la guardia del corpo terrorizzata, intorno gli unici uomini in grado di liberare l’ostaggio. Tutti al soldo del tagliagole Timor Shah, un ex poliziotto diventato bandito. Spietato, assetato di soldi, ma anche deciso a chiedere in cambio del rilascio della Cantoni la liberazione della madre, del fratello e di altri soci della banda incarcerati per faccende poco chiare. Basta un attimo e lo riconoscono. Lui è il nipote dell’ex re dell’Afghanistan Mohamed Zaher Sha con cui ha condiviso i lunghi anni dell’esilio a Roma. Figure, sia lui che il sovrano, in grado di esercitare uno straordinario carisma. «Mi hanno offerto il tè migliore, abbiamo parlato», racconta ad Albertini quasi minimizzando minuti ad altissima tensione. In realtà una lunga trattativa e alla fine la certezza della liberazione. Un risultato che solo lui avrebbe potuto ottenere. Consanguineo del re, ma anche amico dell’Italia dove per alcuni anni è stato anche l’ambasciatore della Repubblica islamica d’Afghanistan.
Assolutamente discreto sulle modalità dello scambio. Anche se ormai si sa che il bandito Timor Shah ha chiesto e ottenuto la liberazione della madre e, quasi certamente, anche il pagamento di un riscatto in dollari. Soldi che, comunque, non ha avuto il tempo di spendere perché in brevissimo tempo, il 28 settembre, è stato arrestato a Kabul dalla polizia afghana.
Una storia finita doppiamente bene, dunque. Con la liberazione della Cantoni tornata il 9 giugno a Milano e l’arresto del bandito che la teneva prigioniera. Ma anche una dimostrazione di quanto la maggior parte degli afghani stimi e rispetti gli italiani impegnati nel tentativo di risollevare una terra martoriata da più di trent’anni di guerre e la cui unica economia è la produzione di metà dell’oppio del pianeta. Il 26 maggio, infatti, in piazza erano scese oltre 500 vedove afghane che Clementina aiutava con il suo programma umanitario.

Ma anche le tivù locali trasmetterono spot con la richiesta della sua liberazione. E addirittura gli ulema avevano diffuso una fatwa per lei. Tutto passato. Ora è tempo di Ambrogino per il principe Mostapha Zaher.
giovanni.dellafrattina@ilgiornale.it

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