L’ennesimo affronto, gli inquilini del condominio al civico 15 di via Paravia, l’hanno trovato nella cassetta della posta. Un pacco di lettere dirette a un nome e cognome romeno, con tanto di indirizzo: «Cascina Case Nuove, numero 15». Appunto. Lì dove i rom si fanno perfino consegnare la corrispondenza c’è l’ultima frontiera delle occupazioni abusive, in una costruzione di indubbio valore storico-architettonico - risale infatti al Seicento - e in una zona residenziale all’ombra dello stadio Meazza. Ma è solo negli ultimi anni che la situazione è degenerata fino a renderla probabilmente irrecuperabile, a sentire i racconti di chi abita a non più di venti metri dalla «dimora». Oggi ridotta a un complesso di macerie e tetti pericolanti, quartier generale di attività poco limpide per decine di irregolari.
Il «traffico» si svolge proprio lungo la cancellata del palazzo, che poi sarebbe un parcheggio privato, ma a questo i residenti hanno già rinunciato da un pezzo. Si sfoga una signora terrorizzata dalle sgradite presenze: «Dovete sapere che non mette più nessuno il naso fuori casa, la sera. Ma io non mi fido nemmeno di giorno, a dirla tutta». Ma, in pratica, di cosa avete paura? «Degli scippi, dei furti. Gli adulti spacciano e fanno prostituire le figlie. E poi la gente che entra e esce da quella cascina: hanno delle facce... Ecco, non ci stupiremmo di un altro caso Reggiani». Non è ancora abbastanza, perché i «dispetti» dei rom vanno ben oltre le biciclette distrutte e le gomme delle auto bucate e i sassi sulle finestre. C’è il giochino della corrente elettrica scroccata al palazzo. Allacciandosi, per esempio, ai lampioni del cortile. «Scavalcano il portone, staccano i fili e li portano nella cascina. Così possono cucinare e guardare la tv - spiegano i residenti -. Ma noi ogni mattina andiamo là con le forbici a spezzare i cavi. Inutile. La sera stessa loro rimontano l’accrocco, succhiando l’energia pure al ristorante sul retro. Così da mesi».
Lo scherzetto, alla fine, è costato al condominio un gruzzoletto quantificabile in almeno 2mila euro (escluso le spese dell’esposto) per i lavori di riparazione e spostamento degli impianti d’illuminazione. Proprio adesso viene «il bello», poiché i condomini con una mano hanno tirato fuori i soldi e con l’altra hanno telefonato a un importante studio legale milanese. «In qualche modo dovevamo rifarci». Nel giro di una settimana è partita una raccomandata verso Palazzo Marino, che della cascina è proprietario. Chiedono gli avvocati: «Per i danni arrecati a terzi a seguito di atti provenienti dall’immobile occupato, (...) provvedere al risarcimento dei danni morali e patrimoniali». Tradotto, il Comune paghi per le bravate dei nomadi, così prescrive il Codice civile e una legge del 2000. Un precedente che potrebbe fare scuola. Tra parentesi, i cittadini avevano segnalato la questione ai vigili già nel luglio dell’anno scorso. Risposta: «Nonostante i numerosi interventi e sgomberi dell’area, con successiva messa in sicurezza, purtroppo i problemi sorti per l’ultimazione delle opere di ristrutturazione rendono vano ogni sforzo».
Intanto, di recupero a Case Nuove si discute da almeno quindici anni. Centonovantadue progetti presentati per trasformarla in biblioteca di quartiere oppure in un centro ricreativo per giovani e anziani insieme. Per adesso, soltanto sette comignoli restaurati e stop. I clandestini continuano ad abitare in via Paravia e sbrigare i loro affari. Ultima curiosità.
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