Così l’arte contemporanea arruola i detenuti

Nei locali dell’Istituto superiore antincendi esposte le opere di artisti famosi commissionate agli ospiti di Rebibbia e che si servono materiali di recupero

Sabrina Vedovotto

«Anche se non siamo con voi fisicamente il nostro cuore è a voi vicino. I migliori auguri per i vostri studenti di Rebibbia». Un mazzo di fiori con questo biglietto, indirizzati a Luca Modugno, ideatore della mostra «Non sono quello che sono», nell’ambito del progetto Artwo, inviato appunto dai detenuti del carcere di Rebibbia. Si tratta di un progetto ambizioso, sulla carta quasi impossibile. Un progetto che, però, a dispetto di tutto si sta traducendo in una solida e felice realtà. Luca Modugno, e i suoi collaboratori, hanno pensato di realizzare una grande idea. Una scommessa che si può considerare vinta, almeno per ora.
Come ammesso dallo stesso Modugno, due sono le ambiziose potenzialità di Artwo: per prima cosa far conoscere l’arte contemporanea anche ai non addetti ai lavori, la seconda di entrare con l’arte contemporanea nelle comunità di recupero, o. come nel caso di cui adesso parliamo, all’interno di un carcere.
Un progetto difficile, al quale Modugno ha creduto da sempre, e nel quale ha voluto far diventare parte attiva anche alcuni artisti. Artisti che sono stati chiamati a progettare oggetti d’arte, di design, realizzati poi dai detenuti nel carcere.
Una piccola catena di montaggio, nella quale l’arte è l’elemento in comune. Su oltre 1600 detenuti, venti hanno aderito al progetto e otto di loro vi lavorano con assiduità. I numeri sembrano bassi, in realtà sono il risultato di un grande successo, voluto anche da il direttore di Rebibbia, Carmelo Cantone.
Il successo dell’iniziativa deriva soprattutto dalla grande sinergia che esiste tra gli artisti e i detenuti; questi ultimi infatti, grazie a questa possibilità data loro, si sentono parte attiva di una azione, di un movimento culturale. Gli oggetti da loro realizzati inoltre vengono prodotti in serie limitate e presentati al grande pubblico con apposta la firma dell’artista. Tutte le opere presenti in mostra sono frutto anche del loro contributo e anche e soprattutto di quello di grandi artisti, sensibili e di grande umanità quali Carlo De Meo, Stefano Canto, tra i primi ad aderire con entusiasmo al progetto.
Anche la scelta dello spazio per questa mostra non è casuale. Se l’idea base di tutta il progetto è infatti il materiale di recupero, povero, riutilizzabile, lo stesso vale anche per l’Isa, (Istituto superiore antincendi) che un tempo ospitava i vecchi magazzini generali, questo fino alla fine dell’Ottocento, e che ora invece contiene L’Accademia dei vigili del fuoco.
Un posto non nuovo come contenitore per l’arte contemporanea, ma che in questo caso, come sottolineato da Michele di Grezia, direttore dell’Isa, diventa parte integrante del progetto stesso, per le sue virtù di spazi riconvertiti rispetto alla funzione di un tempo.


Oltre agli oggetti realizzati dai detenuti, una vera e propria mostra, realizzata da artisti con propensione all’utilizzo, ancora una volta, di oggetti di scarto, curata da Gianluca Marziani, all’interno, anch’essa, degli spazi dell’Isa.
Informazioni utili. La mostra rimarrà aperta al pubblico fino al prossimo 10 aprile nei locali dell’Istituto superiore antincendi di via del Commercio 13, dalle 16 alle 20. Ingresso libero. www.artwo.it

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