Così il mandrogno Fausto Coppi fece di Sestri Ponente la sua casa

Gli allenamenti sul Turchino, il matrimonio nella basilica e la nascita di Marina

Così il mandrogno Fausto Coppi fece di Sestri Ponente la sua casa

(...) Immergendoci nella cronaca nera, e qui forse ci vorrebbe un bel plastico, che dire del deposito dei libri scolastici del Texas a Dallas dal quale Lee Harvey Oswald colpì probabilmente alcuni rami dell'albero di fronte? O del Samarcand Hotel di Londra dove Jimi Hendrix finì di essere dimenticato per diventare indimenticabile?.
Motore di ricerca Google. Interno giorno.
Digito svogliatamente Sestri Ponente per trovare la farmacia di turno più vicina e, tra le pagine comparse, leggo Fausto Coppi. Penso ingenuamente all'indicazione dello slargo dietro la Basilica dell'Assunta, dal 1998 dedicato al «Campionissimo», ma all'improvviso la rete mi regala una storia a me vicinissima nello spazio e scorgibile nel tempo, contadina e semplice, semmai questa rappresenti una coppia di svantaggi, solo perché scevra di streets, boulevards e scores ma eterna, grazie a quei rari personaggi immortali, che solcano le epoche rappresentandone, per sempre, esempio ed apice.
Le sue imprese e le tragiche circostanze della morte ne hanno fatto un'icona della storia sportiva italiana. A quasi cinquant'anni dalla scomparsa, la sua popolarità e fama appaiono immutate.
Fausto Coppi nasce il 15 settembre 1919, a Castellania in provincia di Alessandria. Inizia a lavorare a Novi Ligure come garzone in una salumeria, ed è a Novi che incontra Biagio Cavanna, il famoso massaggiatore cieco e 'santone' del ciclismo, che tanta parte avrà nella sua trionfale carriera.
Il rapporto con il mio quartiere albeggia con i suoi primi trionfi importanti, quando rientrò in Italia miracolosamente sopravvissuto alla prigionia inglese in Africa a seguito della divisione "Ravenna" in fanteria.
Galeotti furono gli allenamenti in riviera che il campione di Castellania sosteneva tra una Milano-Sanremo ed un giro di Lombardia quando, già famoso grazie al giro d'Italia vinto all'esordio nel 1940, partito gregario di Gino Bartali ed al record da primatista dell'ora nel '42 al velodromo Vigorelli di Milano conosce e rimane folgorato dalla sestrese Bruna Ciampolini. Le nozze seguono di lì a breve, e si celebrano il 22 novembre del 1945 nella Basilica dell'Assunta di Piazza Baracca e, dopo un breve viaggio di nozze nella vicina ed allora rinomatissima Varazze, va a vivere in un signorile appartamento, oggi immortalato da una targa della attigua Via Sestri, stradone elegante ed affollato ancora oggi polmone del quartiere. A Sestri, Fausto Coppi trovò immediatamente calore e confidenza, farcitura del più classico riserbo genovese troppo spesso confuso per scontrosità, che per lui, piemontese mandrogno schivo ed introverso, parve manna dal cielo. Gli allenamenti sulla velocità sostenuti in riviera e quelli sulla resistenza sudati sul passo del Turchino paiono pura prassi per un atleta dal fisico apparentemente poco atletico, ma dotato di una notevole agilità muscolare e di un sistema cardiorespiratorio fuori dal comune (grazie ad una capacità polmonare di 6,5 litri e 44 pulsazioni cardiache/minuto a riposo), qualità che ne esaltavano la resistenza sotto sforzo. La struttura ossea molto fragile e le ripetute fratture lo costrinsero tuttavia a pause forzate durante l'arco dell'intera attività.
Sestri Ponente diventa culla dell'«Airone» anche della sua nuova generazione, Marina, nata nel 1947 all'Ospedale di Sestri Ponente, amatissima primogenita della coppia.
Sono anni gloriosi, quando il campione non è in giro ad irridere gli avversari con distacchi ciclopici (nel 1949 primo al mondo a vincere l'accoppiata Giro-Tour, poi ripetuto nel 52), lo si può incontrare nei ritrovi tipici della delegazione: Piazza Baracca, a far le «vasche» in Via Sestri o a festeggiare qualche vittoria al celebre ristorante «La Grotta» sede del motoclub sestrese, dove la leggenda raccontava fossero conservate sulla tappezzeria le firme di Napoleone e dei suoi generali fatte durante la campagna d'Italia. Decanta ovunque le paste del Bar «Sidea» che, testimone oculare chi scrive, a causa delle centinaia di pantagrueliche merende consumate, dedicò numerose pareti delle salette interne ai cimeli fotografici ed alle maglie della "Bianchi", squadra storica del più grande ciclista di tutti i tempi, fino alla chiusura di pochi anni or sono.
Le frequenti visite dal suo amico Azzari, negozio di articoli sportivi tuttora riferimento degli appassionati sestresi delle due ruote, immortalato dai flash dell'epoca quale embrionale esempio di pubblicità occulta chiudono il cerchio della abitudini sestresi di Fausto Coppi.
L'idillio «sestrin» del ciclista fu purtroppo di breve durata ma della vicenda della «Dama Bianca» Giulia Occhini e della mai diagnosticata malaria contratta nell'Alto Volta che il due gennaio del 1960 ci privarono di un'atleta che, nell' Italia rasata al suolo del dopoguerra, gli italiani incarnarono senza fatica come eroe, non dirò oltre perché tutti la conoscono già a menadito ed hanno avuto tutto il tempo per indignarsi e rattristarsi a dovere.

Per me che ogni giorno con un certo fiatone, seppur seduto in macchina, percorro le stesse strade che lui inghiottiva quotidianamente decine di volte, senza sudare neppure, su biciclette che pesavano venti chili, quella di Fausto Coppi e Sestri Ponente rimarrà un storia da conservare gelosamente e diffondere a malincuore, come da tradizione genovese, a carattere nazionale, lo stesso tramite il quale, il giornalista della Rai Mario Ferretti, lo immortalò a vita:
«Un uomo solo è al comando; la sua maglia è bianco-celeste; il suo nome è Fausto Coppi».

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