Stefano Zecchi, il programma espositivo del Comune ha suscitato critiche e perplessità: poco omogeneo ma soprattutto troppo poco contemporaneo. Che ne pensa?
«Penso che Milano non è Treviso o Brescia e dunque, quando si propongono delle mostre pubbliche, la domanda dovrebbe sempre essere questa: da Francoforte o Barcellona verrebbero a vederle? Se la risposta è no, non si fanno. Ma qui lerrore sta a monte, cioè pensare che la politica possa decidere i contenuti di una programmazione culturale. In Europa non lo fa nessuno».
Lei però è stato assessore alla Cultura, si sarà fatto unidea della soluzione
«Infatti la mia proposta lavevo fatta, quella di dare vita a una società a partecipazione pubblica, diciamo una fondazione, che avesse unautonomia gestionale e desse una valenza anche imprenditoriale alle mostre, facendo merchandising e attirando capitale privato. Come accade allestero, ma oggi anche a Roma, vedi le Scuderie del Quirinale o il Vittoriano che sono dotati di un proprio Cda».
La programmazione dovrebbe essere gestita da privati?
«No, le istituzioni dovrebbero limitarsi alle linee guida mentre la fondazione, che risponde in proprio, nominerebbe i curatori scegliendoli tra le migliori professionalità»
Perché a Milano non si può fare?
«Perché qui la cultura è affidata a un regolamento elefantiaco che non permette neppure di mettere a frutto il patrimonio che abbiamo in casa».
Faccia un esempio
«Intanto non si mettono a rete tutte le sedi espositive, comprese quelle partecipate come la Pinacoteca e il Cenacolo, per dar vita a un fruttuoso interscambio con le migliori istituzioni straniere. A suo tempo avevo proposto, coinvolgendo anche il Museo della Scienza, di fare di Leonardo da Vinci un format da esportare in tutto il mondo come biglietto da visita della Milano culturale. Non se nè fatto nulla».
Il sindaco Moratti sostiene che a Milano del contemporaneo si occupano già le gallerie
«Errore, la cultura contemporanea non si può delegare.
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