Spettacoli

Così il Prezzolini d'America diventò più conservatore e meno anarchico

Il ruolo dello Stato federale, la difficile gestione del melting-pot, la scelta decisiva (e profetica) da fare tra libertà e sicurezza

Giuseppe Prezzolini (ritratto di Dariush Radpour)
Giuseppe Prezzolini (ritratto di Dariush Radpour)

Anarco-conservatore e non reazionario. Questa precisazione Giuseppe Prezzolini l'avrà fatta mille volte, nel tentativo di contemperare il primato dell'individuo e della sua libertà al senso della comunità e dei valori tradizionali. Resterà per tutta la vita anarchico rispetto alle irreggimentazioni, ai cliché dettati dalle mode, alle lusinghe del potere, ma il suo profilo culturale sarà via via declinante verso il conservatorismo. Lo scopre quando inizia a ridare dignità all'opera politica di Giolitti, che in gioventù era stato il suo bersaglio preferito, ma consoliderà tale metamorfosi durante il lungo periodo all'estero.

Il Pensiero Storico, la Rivista internazionale di storia delle idee diretta da Danilo Breschi, dedica al tema un Quaderno di approfondimento (Da rivoluzionario a conservatore. Giuseppe Prezzolini nell'America di Truman, IPS edizioni) perché il lavoro alla Columbia University, dove Prezzolini si era recato nel 1923 per tenere lezioni sulla letteratura italiana nei corsi estivi rimanendovi fino al 1962, rappresenta la chiave di volta per l'ulteriore sviluppo del suo senso realistico, l'avvicinamento alla cultura liberale e la comprensione di quel modello sociale.

L'idea che i professori vengano reclutati su chiamata personale e che le università siano aperte a tutti, anche a quelli senza diplomi, gli pare elemento simbolico e rappresentativo dell'intero quadro sociale. Con La Voce aveva denunciato la burocrazia pachidermica dell'Italia giolittiana, e ora si trova di fronte a strutture libere, dove la nomina dei professori avviene senza garbugli di alcun tipo. Ma non sarebbe il Prezzolini che tutti noi conosciamo se non intuisse anche delle crepe, delle tendenze di fondo che navigano sin da allora sottotraccia per poi talvolta spuntare fuori e che qui di seguito riassumiamo brevemente.

PATERNALISMO La grande depressione degli anni Trenta e lo sforzo bellico consegnano a Truman una società che, per richieste e aspettative, a Prezzolini sembra voler rassomigliare a quella europea. La democrazia statunitense fondata su larghi ambiti di autonomia vede progressivamente crescere l'intervento dello Stato federale nel mercato del lavoro. Anche la predisposizione dei lavoratori all'adesione ad organizzazioni di rappresentanza è fatto inedito: «l'antico individualismo si è smorzato per obbedire alla tendenza della maggioranza verso la sicurezza sociale e lo Stato paternalistico; lo Stato federale ha cresciuto le funzioni e moltiplicato gl'impiegati, è diventato il più grande banchiere e il più grande industriale del paese».

IMPERIALISMO In America in pantofole. Un impero senza imperialisti, libro del 1950, racconta di cittadini riottosi ad assumere il fardello di un Paese non più isolazionista, ma arbitro delle controversie mondiali. Il nuovo status mentale apre però a nuovi pericoli: «Il primo della classe ha la convinzione d'essere imparziale e giusto, anzi la giustizia in persona protetta da Dio; ma ciò non toglie che quando dà torto a uno e ragione a un altro, quello che ha avuto il torto faccia il muso».

MORALISMO L'idea di considerare i problemi politici mai separati dal loro aspetto morale è un altro limite che diverrà strutturale nel tempo, così come «la credenza razionalista che basti l'etichetta di democrazia per sanare i mali politici del mondo».

ANTIAMERICANISMO Dalla Guerra Fredda all'America post-11 settembre riecheggia lo stesso angosciante interrogativo: «Che cosa abbiamo fatto per essere odiati?». Prezzolini intuisce che sarà un dilemma di difficile soluzione perché gli americani, abituati a non sentirsi imperialisti ma ad assecondare l'idea che «facendo carità a tutti i paesi del mondo sarebbero stati considerati con rispetto e con affetto», non afferrano i motivi dell'ostilità.

MANCANZA DI SENSO STORICO La certezza di essere l'apice della civiltà si abbina alla convinzione che i risultati di questo avanzamento vadano imposti in ogni direzione, in specie alla politica di immigrazione. Ma le difficoltà del melting pot americano, a detta di Prezzolini, nascono proprio dal pregiudizio di ritenere che «basti l'accettazione esterna di alcuni principi astratti per formare un popolo» e che «si possano fondere insieme persone che si son formate in un differente modo, con diverso corpo, con diversa religione, con altre regole di vita, con un proprio modo di mangiare, soltanto facendole convivere in una società fondata su dei principi astratti edonistici e utilitari».

LIBERTÀ VERSUS SICUREZZA Terrorismo islamico e pandemia hanno svelato all'Occidente una contrapposizione che Prezzolini aveva già presagito come fondamentale già allo scoppio della Seconda guerra mondiale: «alcuni seguaci della libertà dicono che essa può stare insieme con la sicurezza, ma questo è un assurdo ottimistico.

Ora posson sussistere ancora libertà e sicurezza, perché il conflitto non è ancora acuto, e la sicurezza non si è sviluppata con tutte le sue pretese, ma quando domani avverrà l'urto la maggioranza dei cittadini dovrà decidersi se vuole avere la libertà con i suoi rischi economici, oppure la sicurezza con la mancanza di libertà che porta con sé».

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