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Così Prodi voleva togliere di mezzo Veltroni

Nuove intercettazioni degli uomini di fiducia dell'ex premier, colti a caccia di voti per un sondaggio sulle primarie Pd. Volevano trovare un candidato per ridimensionare il vincitore. L'estate scorsa il Prof aveva capito che il sindaco di Roma puntava alla caduta del governo

Così Prodi voleva togliere di mezzo Veltroni

da Milano

Mentre sul palco dell’Ulivo ancora si alzava la Canzone popolare e la platea applaudiva compatta, nell’ufficio del Professore il clima era meno romantico. Fin dalla scorsa estate Romano Prodi, allora premier precario, sentiva che si stavano avvicinando le Idi di Marzo 2008. Non (solo) per colpa dei duellanti Mastella-Di Pietro, dei dissidenti di centro, di sinistra e di estrema sinistra, della Cgil e degli industriali. Alla fine la pugnalata mortale sarebbe arrivata dal figlio adottivo, Walter Veltroni. Un uomo d’onore: all’epoca, infatti, giurava che il futuro Partito democratico avrebbe «rafforzato e non indebolito» il governo dell’Unione. Ma il Professore, prima di accettare il suo destino di nonno a tempo pieno, tentò una «missione impossibile»: fermare la marcia trionfale del sindaco di Roma verso la segreteria del Pd.
L’intrigo contro Walter, per riuscire, aveva bisogno di un’arma fondamentale: un candidato alternativo alle primarie. Per questo lo staff di Prodi tentò di realizzare un sondaggio su ampia scala in grado di fotografare il profilo e il programma dello sfidante ideale. Un leader in grado – almeno nel piano del clan Prodi – di cambiare il corso delle primarie altrimenti destinate a restare «una farsa da plebiscito». La vicenda è stata ricostruita in esclusiva da Panorama, in edicola da oggi, attraverso le nuove intercettazioni dei «Prodi boys». Registrate dalla Procura di Bolzano che indaga per corruzione e riciclaggio sulla vendita dell’Italtel dall’Iri alla Siemens, ai tempi in cui Prodi era presidente del colosso di Stato. I pm altoatesini hanno poi trasmesso le carte alla Procura di Roma, ipotizzando il reato di abuso d’ufficio (ma a oggi nessuno è indagato).
Le mani sul Pd
Giugno 2007. Tempi difficili: da Lamberto Dini a Willer «Che» Bordon, da Emma Bonino a Franco Giordano, ogni mattina sui giornali c’è un alleato diverso che spara contro il premier. Nel frattempo i partiti sulla carta più fedeli, Ds e Margherita, lavorano alla nascita del nuovo partito che presto romperà l’alleanza dell’Unione. In quei giorni, però, Veltroni assicura al direttore del Tg1 Gianni Riotta che «se cade Prodi fallisce il Pd», che «si voterà nel 2011» e soprattutto che «l’importante è che il governo duri più a lungo possibile». Il cambio di rotta («il Pd correrà da solo») arriverà qualche mese dopo, e di fatto segnerà la fine dell’Unione.
Alessandro Ovi, braccio destro del Professore fin dai tempi dell’Iri, il 24 giugno telefona a Claudio Cavazza, industriale farmaceutico e pure lui buon amico di Prodi. Ovi spiega a Cavazza che alle primarie servono più candidati forti. Anche per il bene di Veltroni: «Credo che a lui convenga che si arrivi a queste primarie non con una farsa da plebiscito ma con la presenza di altri candidati... insomma con un dibattito». Forse c’è ancora tempo per riaprire la partita del Pd. L’indomani Ovi richiama l’industriale: «Vengo a casa tua e ti porto quella cosa di cui ti ho parlato ieri... dell’iniziativa del capo (Prodi, ndr).
Sondaggio informato
L’iniziativa dell’«amico Romano» contro l’«amico Walter» si chiama deliberative poll, «sondaggio informato». L’ha inventato un geniale professore di Standford, James Fishkin. A proporlo ora è Renato Mannheimer. In pratica, si tratta di invitare a una convention privata un campione rappresentativo di mille elettori, farli votare il loro leader preferito all’inizio, quindi farli ascoltare per un giorno le presentazioni e i programmi dei diversi candidati, e infine farli votare di nuovo. «È un sistema molto più raffinato dei sondaggi telefonici – spiega al Giornale Mannheimer – perché permette di ottenere dagli elettori opinioni consapevoli, motivate, insomma non “bulgare”. È già stato sperimentato con successo alle primarie Usa. Ha un solo difetto: il prezzo».
Primarie «bulgare»
Già, il prezzo. Per commissionare il sondaggio, i Prodi boys devono trovare 300mila euro. E qui, scrive l’inviato di Panorama Gianluigi Nuzzi, «qualcuno non la racconta giusta». Cavazza, intervistato dal Giornale lunedì scorso, è categorico: «Nessuno mi ha mai chiesto di finanziare sondaggi per il Pd». Il 25 giugno 2007, però, Ovi telefona a Giancarlo Bosetti, giornalista, ex direttore dell’Unità, e annuncia entusiasta: «Abbiamo trovato uno sponsor per il nostro progetto importante!». «E chi è?». «Cavazza! Che ha detto che vuol parlare con Scalfari e Mieli perché potrebbe diventare una bandiera o una cosa del genere... le semifinali della Louis Vuitton Cup delle primarie!».
La cosa certa è che alla fine i soldi non li metterà nessuno, quel sondaggio non si farà mai, e nemmeno si troverà un candidato «prodiano» in grado di opporsi davvero a Veltroni. Il resto della storia è noto: le primarie alla bulgara, la caduta di Prodi, il tramonto della Canzone popolare. «E sono io oppure sei tu, chi ha sbagliato più forte» cantava Ivano Fossati. A proposito: stasera, annunciano le agenzie di stampa, il Professore pensionato «potrebbe fare una sorpresa» alla festa del Pd.

Per salutare i vecchi amici.

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