Così si diventa uomini di carattere

Non sprecare la tua vita: è l’esortazione premurosa che in genere ogni buon maestro rivolge al suo allievo. Ma come si può sprecare una vita? Cedendo alle nostre sfrenate passioni. Una vita sprecata è quella di chi non ha carattere e che si lascia completamente ingoiare dai propri desideri. È invece necessario, per non dissipare la nostra vita, misurare le nostre azioni. Cercando di valutare le cose che possiamo e quelle che non possiamo fare. Certo, non è facile. Eppure, solo se siamo in grado di calcolare la nostra «potenza», riusciamo a formarci il nostro carattere.
Ma che cos’è la «potenza»? Aristotele la chiamava enérgheia. Spinoza conatus. Schopenhauer volontà. Mentre Freud la chiamava libido. Potenza, insomma, è tutto ciò che esiste. Perché ogni cosa vivente altro non è che una quantità di forza. Che deve essere determinata. Padroneggiata, governata, misurata da ciascuno di noi. È un invito che ci rivolge il filosofo Salvatore Natoli con il godibilissimo libro Guida alla formazione del carattere (Morcelliana, pagg. 89, euro 10). No, non si tratta di uno di quei tanti prontuari «usa e getta» in circolazione, che promettono di svelarci l’arte di come essere felici, fare soldi e rimanere magari sempre giovani e prestanti. Il libro è invece una piccola «guida». Che può esserci utile per provare ad avere una «nostra» filosofia. Diciamo pure: per non diventare «oggetti» dei nostri desideri, è necessario saper individuare la direzione dove condurre la nostra vita. E la filosofia può venirci in soccorso. Perché la filosofia ci riconduce dentro di noi. In quell’interiorità dove, per Agostino, habitat veritas. Quella verità che è la misura della nostra finitezza. Quella verità che ci riconsegna alla nostra costitutiva mortalità. E che ci dice che la potenza che ciascuno di noi è, non può convertirsi in onnipotenza. Non può tradursi in prepotenza. Perché metterebbe in moto quella dinamica dissipativa che alla fine sarebbe distruttiva per l’uomo.
Il desiderio, scrive Natoli, «alimentando un’illusione di onnipotenza fa dimenticare che, certo, forza siamo, ma non infinita: siamo potenze finite, semplici puntuazioni di forza». Ecco allora come la filosofia può diventare una medicina per il nostro intelletto. E una terapia per la formazione del nostro carattere. La direzione verso l’interiorità che ciascuno di noi dovrebbe prendere - è bene precisarlo - non vuol dire fuga dal mondo. Anzi. È un modo per stare più consapevolmente nel mondo. Apparentemente potrebbe apparire un invito a sottrarsi al fluire della vita, ai suoi desideri, alle sue passioni. No - assicura Natoli - nessuna stoica rinuncia. La via verso l’interiorità ci sottrae invece al fluire della vita quel tanto che basta per poterla meglio comprendere. E per non lasciarsi divorare dalle sue passioni e dai suoi desideri. Nel suo incessante scorrere la vita è impetuosa, a volte impietosa, spesso violenta. Trascina tutto con sé: «Per non lasciarsi afferrare dai suoi vortici è necessario trarsene in qualche modo fuori, riprenderla nel pensiero - questo è filosofare - per navigare bene nella sua corrente, per dare rotta all’esistenza».
Guai pertanto a vivere senza desideri. Perché senza desideri l’uomo non disporrebbe di quella potenza in grado di mettere in moto la sua vita. Ma la potenza, proprio in virtù del suo inscindibile legame con la vita, deve essere conservata il più a lungo possibile. E per conservarla dobbiamo trattenerla.

Giacché, se non riusciamo a moderarla, può diventare distruttiva. Temperare, ponderare i nostri desideri: è questa in definitiva la vitale funzione del «carattere». Che la filosofia - ci assicura Natoli - può contribuire a formare.
giuseppecantarano@libero.it

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