Roma A questo punto c’è forse da chiedersi se la sinistra italiana - al pari di Cofferati che, nel 2003, si beccò la scomunica di parecchi studiosi del tema, avendo paragonato alcuni passaggi legislativi in tema di lavoro come verità assolute ed intoccabili - non lo ritenga una sorta di «diritto acquisito». Di che si parla? Del fatto che ogni qual volta si va gonfiando un’indagine delicata da parte della magistratura, ecco partire il tam tam dell’avviso di garanzia contro Silvio Berlusconi.
L’altra sera è stato Enrico Mentana, dalla sua scrivania di direttore del Tg7, a ipotizzare l’invio dell’atto giudiziario al presidente del Consiglio. Ieri Repubblica l’ha sparata in prima pagina, facendone non più un’ipotesi, ma una quasi certezza: «P3, la Procura sentirà Berlusconi». Nel testo si parla dell’intenzione dei magistrati di ascoltare il premier come possibile testimone degli atti della cricca salita ai fasti pubblici negli ultimi mesi, ma a fianco non è che si siano mostrate troppe incertezze sul ruolo effettivo che Berlusconi potrebbe aver giocato in materia: «Cesare era lui: - scrive il quotidiano romano - La frase di Martino che incastra il premier».
Peccato che proprio ieri la notizia dell’ipotetica audizione di Berlusconi da parte dei magistrati romani sia stata definita «infondata» proprio dalla procura della Capitale. Che non solo l’ha rinviata al mittente come «frutto di mere illazioni giornalistiche», ma aggiungendo che le notizie fatte filtrare dai giornali nel merito dell’inchiesta aperta e sulle presunte rivelazioni di Arcangelo Martino (ex assessore napoletano attualmente agli arresti) costituiscono un fatto «di estrema gravità e di nocumento alle indagini».
Ma a sinistra fanno spallucce. Cosa volete sia l’inosservanza del segreto istruttorio? Sono anni e anni che si viola senza alcuna conseguenza. E comunque sono anche anni e anni che fioriscono le indiscrezioni sugli avvisi di garanzia indirizzati contro Silvio Berlusconi, sia che siano stati spediti o che si siano persi nelle nebbie. Ricordate? Tutto ebbe inizio quel 22 novembre del ’94 quando il premier, vittorioso in primavera nelle urne, fu avvisato da un articolo del Corriere della Sera mentre presiedeva a Napoli un importante convegno internazionale contro la criminalità. Seguirono una crisi di governo, polemiche roventi, accuse e controaccuse. Ma certo non sparì dalla scena il tam tam che, in modo intermittente, assicurava l’ormai prossima spedizione al presidente del consiglio di un avviso di garanzia. Una volta per concorso in corruzione, un’altra per i possibili rapporti con la mafia, persino per la possibile frequentazione di minorenni.
Certi giudici indagano e si avvicinano alla politica? Ecco che da dietro le quinte cominciano a volare le voci che vogliono il premier ormai agli sgoccioli e le manette belle che pronte. E guarda caso, il tam tam si intensifica quando alle porte batte qualche appuntamento di un certo rilievo. Accadde per esempio poco prima del summit del G8 all’Aquila nel giugno 2009. Poi a novembre dello stesso anno, prima di un importante vertice comunitario, ecco tornare a far capolino le indiscrezioni che davano i giudici di Firenze in dirittura d’arrivo per investigare vecchie e attuali vicende che avrebbero visto il presidente del Consiglio come possibile protagonista.
Di questi giorni l’annuncio del ricorso del voto di fiducia alla Camera da parte del premier per poter continuare a lavorare a palazzo Chigi e - puntuale come una campana - ecco l’annuncio dell’intenzione dei magistrati romani di volerlo interrogare per chiarire le mosse della fantomatica P3. E se i magistrati smentiscono? Niente paura.
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