COSÌ IL «SUPEREURO» CAMBIA IL TURISMO USA

La supremazia dell’euro sul dollaro, al contrario di quanto sarebbe lecito pensare, non spaventa i turisti a stelle e strisce. Nella Capitale, secondo i dati raccolti dall’Ente bilaterale territoriale sul turismo, gli arrivi dal Nord America sono in continuo aumento, così come lo è il numero relativo alle presenze. Andrea Giannetti, presidente di Assotravel, l’associazione delle imprese d’intermediazione viaggi, conferma il buon andamento della domanda: «Il volume delle prenotazioni effettuate attraverso il sistema delle agenzie evidenzia un trend positivo». Se grazie all’ascesa dell’euro gli Usa ci appaiono più vicini di quello che sono realmente, oltreoceano la crisi del dollaro non fa dunque della città eterna un sogno proibito. Semmai, rispetto al passato, la differenza sta nel fatto che l’americano standard è costretto a qualche rinuncia qui e là.
Dave, 25 anni appena compiuti, viene da Minneapolis e per spendere meno ha scelto di viaggiare fuori stagione. «Risparmio sul cibo - racconta - facendo direttamente la spesa al supermercato. Compro frutta, pane, formaggio, prosciutto, e così evito di andare nei ristoranti». Finisce di mangiare il sandwich che si è preparato per pranzo e riparte alla scoperta della città. Renée, in visita assieme al marito, predilige le trattorie: «E poi - aggiunge - Roma è così bella e piena di cose da vedere che basta aprire gli occhi per sentirsi sazi». Asthor, invece, arriva fresca fresca da Fiumicino, e nonostante intuisca già quanto le verrà a costare questa vacanza, prova a vedere il bicchiere mezzo pieno: «L’espresso qui è molto meno caro che da noi». Oltre che sul mangiare, si registra maggiore parsimonia anche sul fronte del vestiario. Da tempo i negozi delle grandi griffe dislocati intorno piazza di Spagna denunciano un netto calo della clientela di origine nordamericana. «La svalutazione del dollaro ha indebolito notevolmente il potere d’acquisto di queste persone», riferisce Prada a via Condotti. «Appena vedono il prezzo in euro scappano a gambe levate», dicono da Armani in via del Babbuino. Da Valentino, infine, ci spiegano che i turisti statunitensi hanno cambiato tipologia di acquisti. Piuttosto che concedersi un completo, per esempio, si accontentano di una borsetta. Sempre al fine di economizzare il visitatore americano si permette poi qualche sfizio in meno. Ne sanno qualcosa i vetturini delle botticelle. «Di americani non se ne vedono più», si lamentano quelli parcheggiati a Trinità dei Monti. Del resto, col dollaro in caduta libera, un giro in carrozza costa loro il doppio che due anni fa. Le abitudini insomma cambiano ma a Colosseo e dintorni non si rinuncia. Costi quel che costi. «L’unicità della destinazione pone in secondo piano l’aspetto legato al corso della valuta», puntualizza l’Associazione dei tour operator.

Però, bisogna anche tener conto che i turisti americani in visita da noi appartengono a un’élite: «Solo il 18 per cento degli statunitensi ha un passaporto - rimarca il presidente di Assotravel - si tratta di una minoranza che appartiene a una fascia di reddito medio alta, e che dunque accusa poco il deprezzamento del dollaro». A conti fatti, la città eterna conferma di essere un posto per tanti ma non per tutti.

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