Era il 1984, i minatori britannici capeggiati da Arthur Scargill, carismatico leader del National Union of Mineworkers (Num), erano al loro sesto mese di sciopero e a Downing Street c'era Margaret Thatcher. Il Paese era in stallo: né la Lady di Ferro né Scargill avevano intenzione di cedere. Il Num, però, era a corto di soldi, e così si rivolse ai «compagni minatori» dell'Unione Sovietica, che si dissero disposti a inviare ai colleghi britannici ben un milione di dollari.
I conti del Num erano stati però congelati da un tribunale del Regno Unito e quando i sovietici cercarono di trasferire il denaro in un conto di Zurigo del sindacato inglese, i quattrini tornarono indietro. Il finanziamento doveva quindi pervenire per vie clandestine. E così sarebbe andata a finire se Thatcher non avesse fatto il diavolo a quattro con Mosca per bloccare l'operazione. Il primo ministro britannico, infatti, venne subito a sapere del ponte creatosi tra i «suoi» minatori e quelli d'oltre Cortina di Ferro. L'iniziativa peraltro doveva aver ottenuto il disco verde della nomenclatura sovietica per poter convertire i rubli in valuta straniera. «L'incidente» rischiava poi di compromettere la futura visita di Mikhail Gorbaciov, all'epoca numero due dell'Urss e gran favorito per la successione a Konstantin Chernenko: Thatcher, infatti, voleva sapere se Gorbaciov, con il quale stava iniziando a stabilire un legame particolare, avesse approvato personalmente la donazione.
A ogni modo, per prima cosa, chiese a Norman Lamont, sottosegretario all'Industria, di protestare «con un certo vigore» mentre era a pranzo con l'ambasciatore sovietico, Viktor Popov. Questi non si scompose: «L'ambasciatore - si legge nel carteggio originale ottenuto dal "Guardian" dopo oltre cinque anni di braccio di ferro coi funzionari chiamati a far rispettare le norme del Freedom of Information Act britannico - ha semplicemente detto che le sigle sindacali sovietiche sono indipendenti e democratiche e che il governo non poteva essere chiamato in causa per l'esercizio dei loro diritti». In questo caso, aiutare i compagni britannici.
Non era quello che si aspettava Thatcher. Tre giorni prima della visita di Gorbaciov la Lady di Ferro convocò l' ambasciatore sovietico al Foreign Office e gli fece consegnare un avvertimento: ogni donazione ai minatori sarebbe stata presa dal governo di Londra come «una non amichevole interferenza negli affari domestici del Regno Unito».
Quando finalmente in dicembre Gorbaciov visitò la Gran Bretagna, Thatcher non perse tempo. E durante un meeting a Chequers, la residenza di campagna in uso al premier, gli chiese se fosse a conoscenza di come stavano le cose.
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