Cronaca locale

Così ti metto in posa il Novecento

Luciana Baldrighi

L’abbondanza degli estremismi del Novecento anche in arte mette in luce le suggestioni e i rischi del cambiamento e delle utopie di tutto un conflitto generazionale. La fotografia nata a fine Ottocento con Nadar, in Francia, per via di una tecnica di stampa e di sviluppo sempre più raffinata, dalle stampe in albumina o ai sali d’argento, si è addirittura trasferita su pellicola Kodak e simili con uso di acidi nuovi come fissanti.
Ma la fotografia non è solo «riproduzione tecnica», come affermava Walter Benjamin, è qualche cosa di più e questo lo confermano le due mostre aperte a Palazzo Reale fino al 24 settembre: I piaceri dell’occhio. Fotografie di Marc Riboud che raccoglie circa 120 scatti del fotografo francese che segnano i momenti decisivi del Novecento, viaggiando dall’Oriente all’America, dal Medio Oriente all’Europa; e Superstar. 99 miti del Novecento, curata da Ugo Volli e realizzata in collaborazione con Corbis, che propone i più bei ritratti dei grandi miti del Novecento: attori, politici, artisti, scienziati, uomini di religione...
«L’arte per essere tale, deve in qualche modo ingannare: solo immagini che sembrano ottenute con facilità riescono a convincerci che la bellezza è un fatto comune». Questo è quanto afferma Robert Adams in La bellezza della fotografia. Questo è stato evidente nel complesso delle opere di un suo omonimo, Ansel Adams, per due ragioni: per la capacità d’interpretare la natura con un bianco e nero di eccelsa qualità ottenuto con una personalissima e raffinata tecnica di stampa, ma soprattutto per una visione del mondo che gli derivava dal pensiero dei filosofi americani Emerson e Carpenter che teorizzavano la necessità di una riscoperta della natura attraverso un rapporto diretto e un necessario quanto profondo rispetto dei principi su cui si regge. Oggi si può considerare Adams un classico, un autore di riferimento per chi ama misurarsi con nuove esigenze espressive mantenendo alta la qualità delle immagini. Da Dominique Laugè fino a Marc Ribaud, assistiamo a una attenta capacità espositiva, sentieri che riscoprono i solchi della materia e della poesia.
Nei ritratti a Paolo Picasso, Salvador Dalì, Madre Teresa di Calcutta, Marlon Brando, Che Guevara, Lenin, Gandhi, Giovanni XXIII si può cogliere come ogni mito sia rappresentato in un’«immagine-icona» accompagnata da una frase celebre e da una breve biografia che arricchiscono il ritratto. Rockfeller, il Dalai Lama, Totò, Charlie Chaplin, Marilyn Monroe, Albert Einstein, Sean Connery fino a Agnelli e Valentino Rossi, diventano un’affascinante panoramica del Ventesimo secolo.
La sensazione del silenzio lascia immaginare alla mente di essere di fronte a una panoramica di pagine di storia così affascinanti - nella loro drammaticità così come nella loro ludicità - che ci aiuta a ripercorrere con questi testimonial d’eccezione quel fenomeno sacro che è il ripetersi della storia in grado di portarsi con sé anche la nostra esperienza quotidiana. L’allestimento di Giancarlo Vischi crea un percorso che parte dai «Miti d’ironia» con i fratelli Marx; «Miti del genio» con Stephen Hawking; «Miti del potere» dove primeggia Herbert von Karajan; «Miti della santità» con anche il ritratto di Nelson Mandela.

Non mancano i «Miti della seduzione» dove primeggia Coco Chanel e quelli della «Sovversione o sregolatezza» come Sigmund Freud o Andy Warhol, ma anche i «Miti del divertimento» come Walt Disney.

Commenti