Tutta colpa della Piovra e di Don Vito Corleone. Negli anni della perestrojka, lo sceneggiato del commissario Cattani aveva sbancato lauditel dei Paesi socialisti. Sul fronte occidentale ci ha pensato il Padrino di Coppola a consolidare la lugubre fama di Cosa nostra. E a creare un paradosso, uno dei tanti, della splendida isola triangolare: nel mondo cè uninsospettabile fame di turismo mafiologico.
Non esistono statistiche, nessuno ha sfornato ricerche di mercato. Ma c'è un fatterello che racconta più di mille numeri. Un giovane blogger denuncia sul sito Rosalio.it che un agente di viaggio olandese, Transavia, offre un tour della Sicilia. Sul sito della compagnia spiega che vale una visita anche perché lisola è il luogo dove è nata la mafia. La notizia arriva allOsservatorio per la tutela dellimmagine della Sicilia (sì, esiste davvero) che protesta con lambasciata e riesce a far sparire la descrizione «ingiuriosa». Nel frattempo al blogger, che fa il precario in un call center, arriva una mail a sorpresa: unagenzia di viaggi gestita da russi, che evidentemente non avevano colto il sarcasmo del suo commento in Rete, gli offre un lavoro: organizzare «mafia tour» in Sicilia. Lindignazione del giovane vacilla: «Di certo non mi sarei messo in costume con coppola e lupara, ma un pensiero ce lho fatto - racconta -. Però erano stati poco chiari in tema di soldi e allora ho lasciato perdere».
Al bar di Corleone, che vende lAmaro del Padrino ormai hanno fatto labitudine a turisti giapponesi e giornalisti inglesi in cerca di sensazioni da raccontare ai propri lettori. Attorno allultimo rifugio di Provenzano è normale vedere comitive di curiosi. E sui più cliccati blog di turismo internazionali, come Tripadvisor.com, ci sono pagine dedicate allo scambio di consigli sulle mete da visitare: «Montelepre, la terra del bandito Giuliano, imperdibile». Oppure «Qualcuno sa di un Padrino-tour in Sicilia?», chiede unaltra utente. Risposta: «Siamo appena tornati da un giro a Taormina, nei posti dove Al Pacino ha girato la scena delle nozze».
La mafia è il male. E il male attira, ma guai a dirlo a Palermo. Nonostante le spiagge meravigliose, lisola fatica a trovare spazio nel mercato mondiale delle vacanze e piange per una stagione turistica che a malapena copre i mesi centrali dellestate. Pochi coraggiosi sfidano le ire dei sacerdoti dellantimafia e provano a sfruttare questa risorsa. Ma lo fanno in silenzio, evitando la pubblicità. Che però è lanima del commercio. E quindi vivacchiano. Come l'agenzia «Sicily life» di Taormina che offre un giro sui luoghi che fecero da set al film di Coppola: «Ma i nostri clienti sono solo stranieri», si affrettano a precisare, per non fare la fine di quella bancarella che, per aver osato vendere a Palermo magliette con l'immagine di Marlon Brando-Don Vito si ritrovò su tutti i giornali locali. Vittorio Sgarbi, da sindaco di Salemi, ha fiutato laria e ha annunciato la costruzione di un Museo della mafia. «Bisogna farlo, bisogna raccontare e far conoscere - dice il critico d'arte - se c'è un museo di Auschwitz, perché non ce ne dev'essere uno su Cosa nostra?». Naturalmente tanto è bastato ad attirargli la furia delle associazioni antimafia, nemmeno sfiorate dallidea che guadagnare sulla fama dei boss sarebbe una bella vendetta per una terra da secoli depredata dai clan. Invece anche in questo campo la Sicilia torna a essere terra di conquista. La Royal Caribbean, gigante mondiale delle crociere, offre ai clienti un «Godfather tour» in Sicilia. Niente in confronto a ciò che si fa a New York, dove si può scegliere tra visite guidate mafia per mafia: irlandese, italiana. «Basta con l'atteggiamento vittimistico, basta con i professionisti dell'antimafia», promette Sgarbi. Ce la farà? Parecchi siciliani che potrebbero ricavarne un lavoro onesto lo sperano.
Per ora solo chi ha il marchio di «ortodossia» antimafiologica può cavalcare londa. Ma sempre senza parlare di turismo. E pensare che il libretto La mafia spiegata ai turisti (scritto da Augusto Cavadi per leditore Di Girolamo) si è guadagnato edizioni in sei lingue.
Sul quotidiano inglese The Guardian, oltre a suggerire un tour tra i negozi col logo «Addiopizzo», hanno dedicato grande spazio alliniziativa dellassociazione Pio La Torre: nella casa a Gorgo del Drago, dove Riina si dice abbia fatto abbuffare i capiclan rivali per poi strangolarli, hanno aperto un ristorante.
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