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Cosa si fa per il potere... ecco l'ultimo film di Clooney

Nel film "Le Idi di marzo" si racconta (splendidamente) cosa si fa per il potere. Negli Usa prevale il pragmatismo, da noi la retorica. Ma la manipolazione dell’elettore è la stessa. Ce ne parla l'ex "spin doctor" Rondolino

Cosa si fa per il potere... ecco l'ultimo film di Clooney

E alla fine George Clooney perde le dannate primarie dell’Ohio, ma vince ugualmente la corsa alla nomination: sarà lui, grazie all’accordo con un senatore del North Carolina al quale è stata promessa la poltrona di Segretario di Stato, a correre per la Casa Bianca sotto la bandiera democratica.

La morale di Le idi di marzo è lineare quanto spietata: la politica è un gioco d’abilità e d’azzardo dove vince chi riesce a meglio alterare le regole in proprio favore (e ad occultare le prove). Secondo la miglior tradizione del noir, nello straordinario film di Clooney non esistono i buoni, e il cinismo è la modalità con cui si regolano i rapporti a ogni livello. Ryan Gosling, che interpreta magnificamente il giovane campaign manager, idealista e determinato, passa dall’adorazione al ricatto senza apparente turbamento, e viene infine ricompensato con una prestigiosa promozione. Nel frattempo una stagista messa incinta da Clooney si è suicidata, ma che importa: la Casa Bianca dopo l’Ohio è più vicina.

Gli americani raccontano la politica con le stesse modalità narrative del western: per questo riescono a coglierne le pulsioni essenziali, la moralità spiccia, il pragmatismo, e l’individualismo assoluto. Da noi si pensa alla politica come a un fenomeno collettivo: anche l’ondata anticasta che attraversa in questi mesi l’Italia è una forma di partecipazione ideale. La cultura del melodramma e della commedia, vero tratto comune al popolo e alle classi dirigenti, riesce ogni volta a rivestire la politica di retorica, chiacchiere, simboli polverosi. Persino il governo tecnico, che dovrebbe mostrarsi ignudo nella sua geometrica tecnicalità, sui giornali che lo appoggiano deve indossare il loden per piacere ai lettori.
L’America è più veloce, pragmatica e disincantata, ma possiede la virtù puritana dell’indignazione, che si traduce con successo in una certa indipendenza dell’informazione e del giornalismo d’inchiesta; l’Italia cattolica è incline al perdono, e guelfi e ghibellini, dopo essersele date di santa ragione, vanno insieme a cena sulla terrazza sempre affollata di generone romano. Noi abbiamo anche la magistratura, che gioca una partita in proprio: ma sempre nella stessa arena, quella dell’entusiasmo popolare; la giustizia è diventata una fede calcistica che celebra i suoi riti in prime time: e così rischia di subire, oltre a una crisi di credibilità, anche i capricci dell’Auditel.

La verità è che in Italia non funziona nulla, neppure il cinismo: e la citazione mussoliniana ripresa l’altro giorno da Berlusconi ne è la simpatica riprova. Tutti i benpensanti si sono indignati, cinicamente sapendo che indignarsi era obbligatorio, perché questo chiede il pubblico benpensante. Del resto, è vero che governare gli italiani non soltanto è impossibile, è inutile: ma è altrettanto vero che tutti, da Mussolini a Berlusconi a Monti, ci provano e ci riprovano. Il problema è che non ci riescono, e anziché prenderne atto e lasciarci vivere in pace, finiscono sempre con l’aumentare le tasse.

Gli intrighi raccontati e svelati in Le idi di marzo (da ieri nelle sale) non sono di per sé sconvolgenti: le cronache soprattutto italiane ci hanno assuefatti al narcotico sessuale ogni volta che si parla di politica, e più in generale alla percezione della politica come gioco di potere autoreferenziale. Ciò nondimeno, in Italia nessuna ragazza è morta e molte, invece, hanno fatto carriera.

Forse è soltanto una questione di fascino. Stiamo parlando di George Clooney, il più grande seduttore di Hollywood. Un vero leader politico deve saper far innamorare il proprio Paese, e per quanto impeccabile sia la tecnica occorre qualcosa di più, qualcosa di difficilmente definibile. Non è stato forse così con Berlusconi, all’indomani del crollo della Prima repubblica?

È su questo crinale delicatissimo - il fascino è indefinibile, mutevole, fugace - che si giocano le strategie elaborate a tavolino dagli staff e dagli strateghi della comunicazione. L’intrigo è sempre parte essenziale, ma non determinante: anche l’avversario di Clooney, il senatore dell’Arkansas Michael Mantell, è un figlio di buona donna. Ciò che è veramente determinante, alla fine, è la capacità di convincere direttamente un gran numero di persone, illudendole e manipolandole, della propria virtù e delle proprie capacità.

Ed è precisamente questo che ci aspettiamo noi elettori, in America come in Italia.

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