«Le cosche attratte dalla ricchezza ma la Lombardia non è la Calabria»

Si potrebbe dire: l’erba del vicino è sempre più sporca. Ma nella polemica furibonda tra i governatori di Lombardia e Puglia sulla rilevanza della penetrazione mafiosa al nord, il sociologo Nando Dalla Chiesa invita a non perdere di vista il problema cruciale: l’avanzata oggettiva della malavita organizzata - ed in particolare della ’ndrangheta calabrese - sotto la Madonnina, e la incapacità del tessuto civile di dare risposte sufficienti.
Davvero la Lombardia oggi è messa peggio della Calabria o della Sicilia, quanto a tasso di ’ndranghetosità?
«Dico un’ovvietà: la ’ndrangheta è più potente in Calabria, perché è lì che ha la sua testa. Ma la Lombardia è la regione che ha scelto per espandersi, quella dove negli ultimi vent’anni ha fatto i progressi maggiori. Cosa Nostra siciliana ha oggi un profilo più basso, la camorra napoletana in alcune sue componenti ha subìto gravi colpi. Invece la ’ndrangheta ha preso la Lombardia e la sta colonizzando. Accade anche in altre zone del nord, come il ponente ligure e alcune province emiliane. Ma questo è il territorio più popoloso, più ricco, più rilevante politicamente».
Ma non c’è mafia, si è sempre detto, senza controllo del territorio e infiltrazione nella società civile. Davvero lei crede che in Lombardia i clan controllino il territorio come a Platì?
«Ripeto che Milano non è Platì: ma questo non può essere una consolazione, come una volta si diceva “Milano non è Palermo”. Noi dobbiamo evitare che Milano diventi come Platì. Questo deve essere l’obiettivo comune. E d’altronde sfido a sostenere che non ci siano già forme di controllo mafioso del territorio in una provincia dove in un anno sono stati compiuti 140 attentati ai cantieri senza che ci fosse una sola denuncia».
Però in Calabria la commistione tra crimine organizzato, politica e affari ha raggiunto livelli che per noi sono inimmaginabili. Basta guardare i diversi livelli istituzionali raggiunti dalle inchieste nelle due regioni.
«Questa leggenda della società civile lombarda che resisterebbe ai tentativi di sbarco criminale deve finire. Io vedo ambienti senza anticorpi e senza spina dorsale, incapaci di opporre resistenza tanto alle intimidazioni quanto agli allettamenti. Il mio incubo è una sanità lombarda che si ritrovi nelle condizioni della sanità calabrese».
Resta il fatto che il bollettino delle contaminazioni politiche qui in Lombardia ha registrato solo contatti di basso profilo.

Alle elezioni, i candidati dei clan vengono regolarmente trombati.
«Io non credo che i clan qui non abbiano i loro rappresentanti. La magistratura non c’è ancora arrivata, forse. Ma la mia convinzione è che ci siano».

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